Con immenso piacere ospitiamo sulle nostre pagine Gianni Galleri, di London Football (QUI la pagina Facebook, QUI il sito), che condivide con noi la passione per il calcio inglese e, in questo caso specifico, la sua esperienza da groundhopper londinese. Sperando di collaborare nuovamente in futuro, buona lettura! Chiudete gli occhi e immaginate il Tube, gli autobus a due piani, e tutto ciò che è Londra….
Un Groundhopper a Londra – In giro per stadi con London Football
«E poi voglio assolutamente vedere alcuni stadi di non League». «Che sarebbe, la nostra Eccellenza?» «Beh, più o meno Promozione e Prima Categoria, anche se la piramide della FA è diversa dalla nostra». Lo sguardo dell’amico di turno traboccherà di un misto di compatimento e ironia. E’ il duro mestiere del groundhopper. Noi lo sappiamo, sono loro che non ci capiscono.
Comincia così il mio viaggio a Londra dell’agosto 2013. Fra la perplessità degli amici e una ragazza che mi aspetta a Londra e che, indaffarata com’è, mi lascerà un sacco di ore per girarmi le periferie più sperdute in cerca di ground da ammirare e da fotografare. Un viaggio che mi porterà a visitare 13 stadi per un totale di 16 squadre, dalla Premier, fino alla Isthmian Division One. Ma andiamo con ordine.
Il sud e l’ovest
Afc Wimbledon, Kingstonian, Tooting & Mitcham United, Corinthian Casuals, Crystal Palace e Dulwich Hamlet
Da quando ho aperto il sito e la pagina facebook di London Football ho avuto il piacere di conoscere moltissima gente interessante. Uno di questi è Gary, responsabile della comunicazione dei Corinthian Casuals, gloriosa squadra dal pedigree e dalle imprese degne di un Real Madrid o di un Benfica.
Insomma, Gary mi invita a vedere i Pink & Chocolate. La partita è in trasferta, per la precisione a Mitcham, nella casa del Tooting & Mitcham United. L’incontro inizia alle due e io mi prendo tutto il tempo necessario per fare qualche giretto. Prendo il treno alla stazione di Brentford e da lì mi dirigo a Clapam Junction. Coincidenza verso Sud e scendo a Norbiton. I più esperti hanno già capito. Sto per andare al Prato del Re. L’ormai famoso Kingsmeadow, casa dell’AFC Wimbledon.
Arrivo nella bella zona e decido di farmi a piedi il pezzo che mi divide dallo stadio. Percorro una grande arteria piuttosto trafficata, quando all’improvviso me lo ritrovo sulla destra.
Già l’entrata è uno spettacolo con la cancellata ad annunciare l’impianto. Mi dirigo verso la Club House per chiedere se qualcuno mi fa visitare lo stadio. Davanti a una pinta di sidro provo a fare due chiacchiere, ma più che tifosi, sembrano normali bariste impegnate a pulire. Cerco qualcun altro, ma con il mio inglese traballante riesco solo a farmi trattare male da una signora bionda.
Sto quasi per rinunciare quando mi viene un’idea. Andiamo da quelli del Kingstonian che con i Dons dividono l’impianto (prima erano i proprietari, adesso sono affittuari – NdR l’impianto è passato dal Kingstonian alla famiglia Khoslas, per poi passare ai Dons che, peraltro, lo affittano al Kingstonian per una cifra inferiore di quella pagata ai Khoslas).
Sorpresa delle sorprese, trovo un signore e un ragazzo gentilissimi che senza problemi mi guidano dentro per fare due foto. Prima andiamo sul terreno di gioco e poi, con mio sommo piacere, negli spogliatoi. Mi invitano a rimanere per l’incontro pomeridiano, ma non c’è tempo. Ringrazio i miei amici e me ne vado verso Mitcham. Gary mi aspetta là, e ha con sé il mio pass della Isthmian League. Per una volta sono un ospite di riguardo.
Il KNK Stadium, casa dei Terrors, è una struttura ben al di sopra delle aspettive. Dalle nostre parti potrebbe fare tranquillamente una serie C1. Un’enorme tribuna coperta e 3 terraces circondano il campo. La partita è poco favorevole all’amico Gary, i bianco-neri asfaltano gli ospiti con un netto 5-1. La mia prima partita di non League si conclude con un’altra birra nella club house dove il numero 10 locale viene premiato come migliore in campo. Fra gli applausi delle due tifoserie.
Ma il nostro giro a sud non è ancora finito. Il giorno seguente, dopo una mattinata trascorsa al British Museum, convinco la mia ragazza – che spesso mi accompagna, appassionata di calcio com’è – ad andare a Selhurst Park, casa del Crystal Palace.
Anche stavolta dobbiamo prendere il treno. La fermata ha lo stesso nome dello stadio, Selhurst. Prendiamo una stradina stretta, una via residenziale fino alla fine, ed eccoci a poche centinaia di metri dallo stadio. La prima impressione è che sembra molto più grande di come ce lo aspettavamo. La tribuna spicca altissima tra le case. Gli giriamo intorno, arriviamo allo shop. Vorrei comprarmi la seconda maglia, ma hanno solo la prima che sembra la brutta copia di quella del Barcellona.
Alla reception chiediamo di visitare l’interno dello stadio e un vigilantes ci accompagna dentro. C’è un forte odore di erba tagliata che dà quasi fastidio, ma appena voltato l’angolo ci troviamo dentro, sommersi da un’enorme quantità di rosso e blu. Il nostro accompagnatore è sinceramente stupito che degli italiani vogliano visitare questo stadio, ci dà qualche informazione di servizio e poi ci accompagna fino alle panchine, dove con mio grande piacere mi siedo e scatto diverse foto. C’è una rete che ci divide dal campo. Il vigilantes ci chiede di fare attenzione, perché è elettrificata: sembra che le volpi di notte entrino in campo e danneggino il manto.
Uscendo dallo stadio mi divido dalla mia ragazza. Lei tornerà in zona Brentford con il treno, io farò il giro con la metro. Lei lo sa, ma fa finta di niente. Sa che mi fermerò da qualche altra parte, ma se ne torna volentieri a casa.
Arrivando a Selhurst station, siamo passati di fronte a Dulwich East. Il passo è breve. Ci vuole una visita allo stadio degli Hamlet. Il campo è veramente a pochi passi dalla fermata e da lontano spicca il suo famoso “frontone” con le iniziali DHFC. C’è da rendere omaggio alla squadra di EFS. E’ tutto aperto e io mi faccio una passeggiata in solitaria. Visito campo e club house (vuota). Faccio una serie di foto e mi incammino verso la stazione. Sono le 18.35, se mi sbrigo posso attraversare tutta Londra e andare a vedere il nuovo stadio del Barnet, dall’altro capo della Jubilee. Ma ne parleremo un’altra volta.
Nord-Ovest
Barnet, Wealdstone, Harrow, Hendon, North Greenford United e Wembley Fc.
Da Dulwich ad Canons Park ci vuole un’oretta di metro. Fortunatamente con me ho un gran bel libro: British Corner di Simone Galeotti. Una piccola perla che parla di storie di calcio britannico, scritte veramente bene. Mi ritrovo quasi a piangere mentre leggo del Manchester United e del disastro di Monaco e a emozionarmi per le due squadre di Dundee. Arrivo alla fermata dello stadio del Barnet che il sole sta tramontando. Già di per sé è un quadro romantico.
Ma non rende abbastanza l’idea. C’è bisogno di sforzare un attimo l’immaginazione e creare un ambiente idilliaco dove un campo sportivo corre dietro all’altro, in una distesa verde di prati, all’inglese. La luce arancione dà un senso di calore e rilassatezza. Mi tolgo le scarpe e passeggio sull’erba andando incontro all’alveare.
The Hive è il più nuovo degli stadi delle squadre professionistiche di Londra (anche se Barnet è uscito dalla Football League, rimane ancora professionista). La sua adozione ha portato più di qualche polemica, ma il colpo d’occhio e la location ripagano lo stanco tifoso che arriva a vedere la partita. Entro nello shop e cerco una maglia, anche dell’anno prima. Ma oltre a non essere bellissime, hanno prezzi un po’ altini. Mi accontento di una spilla. La vera sorpresa è la club house. Ha una finestra enorme che affaccia direttamente sul campo. Mi prendo una London Pride e mi rilasso al sole.
Purtroppo è già tempo di ripartire, mi aspettano per cena. Rifaccio la strada all’indietro quando, in uno dei campi che compongono il complesso del centro sportivo, mi becco Qpr-Barnet, giovanili femminili. Prima il piacere e poi il dovere. C’è sempre tempo per il calcio.
Mentre stavo alla stazione di Canons Park, lontano, sfocato dalla distanza l’ho visto: l’Arco. La storia del calcio era distante solo pochi chilometri. Wembley mi chiamava. Ovvio che il giorno dopo ho organizzato la mia mattinata per visitare lo stadio degli stadi. Partenza come al solito da Northfields: Piccadilly Line fino ad Acton Town e da lì cambio di ramo e, sempre la stessa linea, ma in direzione Uxbridge, fermata Ruislip, zona 6. L’obiettivo è lo stadio del Wealdstone, omaggio all’amico Marco Parmigiani. Devo dire però che ultimamente le Stones sono anche entrate nel mio cuore, soprattutto grazie all’acquisto di uno dei miei giocatori preferiti: Glen Little, il Pirlo della Conference.
La zona è meravigliosa. Calma. Ricca. Verde. La passeggiata verso l’impianto è un piacere. Arrivo al Grosvenor Vale in un caldo e assolato mattino. Non c’è nessuno con l’esclusione di una persona che si allena al tiro con l’arco. Scatto qualche foto, faccio il giro e arrivo dall’altra parte del campo. Mi prometto di venire a vedere una partita.
Mentre cammino cerco un pub, ma la zona è assolutamente residenziale e non c’è niente. Mi convinco, sono nell’estrema periferia ovest, non mi ricapiterà: devo fare il giro completo. Prossima tappa Earlsmead Stadium, casa dell’Harrow Borough e, per quest’anno, dell’Hendon. Paradossalmente la zona sembra ancora più ricca e immacolata. Anche questo stadio purtroppo è vuoto, ma a differenza di quello delle Stones, isolato e pacifico, questo sorge fra le villette e non si vede praticamente niente. C’è un signore che pulisce gli spogliatoi, ma forse parla meno inglese di me e dopo un paio di tentativi ci rinuncio e riprendo a camminare. Non troppo lontano gioca il North Greenford United.
Quello che mi trovo davanti quando giro l’angolo dell’ultima via abitata è un immenso parco che corre in salita, con un prato che dopo qualche centinaio di metri diventa bosco. Il campo è pieno di gente che corre e più in là c’è un’insegna, accanto a un baracchino di legno. E’ una società sportiva gaelica, o qualcosa del genere. Cinquanta metri più in là, in mezzo a due ali di alberi, c’è un cancello e sopra un cartello. Siamo arrivati.
Stavolta è tutto aperto; mi siedo sulla stand dietro la porta e scatto qualche foto. Inutile dirlo il manto è meraviglioso e anche la club house sembra carina. Purtroppo non c’è nessuno e devo accontentarmi, rimanendo con la sete.
Prima di andare a Wembley vero e proprio, proprio perché mi trovo a passarci davanti, visito anche lo stadio del Wembley FC. Devo premettere che è una squadra che mi sta molto antipatica, una trovata pubblicitaria (hanno preso vecchi giocatori e hanno uno sponsor importante – ma vale solo per la FA Cup, ndr) e in più un amico mi aveva messo in guardia. Insomma riesco a malapena a fare due foto da fuori e scappo verso il più famoso Wembley Stadium.
Non mi dilungherò troppo sullo stadio degli stadi. In molti ne hanno parlato prima e meglio di come potrei fare, però vi garantisco che l’emozione di scendere dalla metro, percorrere quella scalinata e trovarsi di fronte quell’arco è una cosa per cui vale la pena andare a Londra. Fidatevi.
Est e Sud-Est
Dagenham and Redbridge, Charlton Athletic, Welling United e Erith and Belvedere.
Se a Londra dici Est, nel calcio, la gente capisce solo West Ham. I più appassionati possono anche immaginarsi Leyton Orient, ma nessuno – o solo un groundhopper – penserà al Dagenham and Redbridge. Dopo una colazione con una vecchia amica che non vedevo da anni, parto da Liverpool Street, verso Hornchurch, fermata Dagenham East. Appena scendo prendo a sinistra, oltrepasso la caserma della polizia e cammino sulla via principale finché non trovo il cartello che mi indica Victoria Road.
Il primo impatto è molto buono. Lo stadio ha un bell’ingresso, c’è un bel parcheggio con lo shop in mezzo. Tuttavia una volta entrato nella club house mi ritrovo di fronte due signore piuttosto cafone che a malapena alzano la testa dai loro affari. Mi servono una pinta di sidro, ma di visitare lo stadio o di aprirmi lo shop non se ne parla nemmeno.
Dopo la fallimentare prima esperienza a est, provo a rifarmi con una bella passeggiata nel Sud Est. Siamo ormai all’ultimo giorno. Fra ventiquattro ore dovrò essere a Stansted per tornarmene in Italia; il corpo, ma soprattutto la mente mostrano i primi segni di stanchezza. La scusa è una gita a Greenwich con ragazza annessa: galeone, università, osservatorio. La realtà si chiama The Valley. La casa del Charlton Athletic.
Si arriva con un autobus, un cheeseburger a un fast food a 100 metri dallo stadio e via. Prima tappa allo shop. L’ho puntata da due mesi: la away di quest’anno dev’essere mia. Investo 42,50 pound in una meravigliosa casacca da trasferta, e faccio conto tondo con 2,50 sterline per la spilletta. Purtroppo lo stadio è chiuso e non c’è nessuno che può farci entrare. Ma ci fermiamo di fronte alla statua di Sam Bartram e scattiamo qualche foto da lì. L’impressione, anche dall’esterno, è ottima e si respira un’aria di quartiere popolare che emoziona e infiamma.
L’ultimo stadio del nostro lungo viaggio ci serve per chiudere il cerchio (in attesa del Vicarage Road, troppo lontano per ora) degli stadi dalla Premier alla Conference. L’obiettivo è Park View Road. Da Charlton non è lontano, ma neanche così vicino come sembra sulla cartina. Ci mettiamo mezz’ora di autobus, e quando arriviamo la struttura non è che ci esalti particolarmente. Intanto è chiusa la club house e lo shop neanche si vede; e la parte dell’Erith & Belvedere, che con le Wings (il Welling United) divide la struttura, non è proprio accessibile. Almeno possiamo avvicinarci al terreno di gioco e scattare qualche foto, ma niente di più.
Il rientro a casa serve solo per fermarsi da Lilywhites e spendere le ultime sterle per prendere quella maglia dei Rangers in offerta che mi guarda da quando sono arrivato a Londra.
Gianni Galleri