L’uomo che inventò il Sistema. E l’Arsenal

Diceva Bill Shankly che un club è formato da una santa trinità: l’allenatore, i giocatori e i tifosi. I dirigenti? Quelli servono solo a firmare gli assegni. Sottoscrivendo questa massima del grande manager del Liverpool, ci accingiamo a parlare di una delle tre componenti della trinità di un club che entrava negli anni ’20 senza grossi successi da esibire al Mondo, con alle spalle un trasferimento da una zona all’altra di Londra e che diventerà invece la squadra più vincente della capitale del regno, proprio grazie a quel manager, the man who made Arsenal. Da Kiveton Park, Yorkshire: Herbert Chapman.

Figlio di un minatore (e non che le alternative fossero molte, in quello Yorkshire), decise che invece di riempirsi i polmoni di polvere avrebbe provato a progettarle, ‘ste benedette miniere, e si iscrisse in quella che sarà la futura University of Sheffield al corso di ingegneria mineraria. Coltivava però anche un’altra passione, sinceramente più divertente: il football. Journeyman, cambiò più squadre che paia di scarpe, non verrà mai ricordato per le gesta da calciatore e concluse la carriera in quel di Northampton, non dopo però aver giocato per un club di Southern League del nord di Londra: il Tottenham Hotspur. Ma guarda un po’ il destino…

A Northampton cominciò la carriera di allenatore. Così come le miniere preferiva progettarle che lavorarci, così il calcio preferirà gestirlo, inventarlo, anzi di più: rivoluzionarlo. Un passo alla volta. A Northampton, ma non solo lì, la tattica non era esattamente all’ordine del giorno: per dire, Chapman racconterà di come era normale trovare due ali sulla stessa fascia, stile partita di calcetto con gli amici. Questa la situazione al suo arrivo. Ecco, in pochi anni da questo si passerà alle parole di Fleming, nazionale inglese in forza allo Swindon Town, che disperato dopo una sconfitta si rivolse a Herbert così: “you have something more than a team: you have a machine“. La genialità. Chapman aveva intuito che esisteva una cosa magnifica chiamata contropiede: lasciamoli attaccare, noi – organizzati difensivamente – li colpiamo di rimessa. Bingo. Vincerà un campionato di Southern League nel 1909, negli altri si posizionerà sempre nei primi tre posti. He had a dream: la Football League. Sfiga, l’unione tra le due leghe è a undici anni dall’essere realizzata, anche se Chapman propose già allora il sistema che poi verrà utilizzato dal 1920 in poi. Nel 1912 lo chiama il Leeds City, natio Yorkshire, ma soprattutto Second Division della Football League. Goodbye Northampton.

A Leeds non riuscirà mai a conquistare la promozione, che frettolosamente promise, anche se i risultati furono comunque ottimi – prese in mano una squadra che fronteggiava una rielezione in FL e la portò a pochi punti dalla prima divisione. Poi scoppiò la guerra, e Chapman decise di aiutare il suo Paese dirigendo una fabbrica di munizioni. Ecco, pensando che andrà a rendere grandi i Gunners la cosa può anche far sorridere, ma qui siamo sempre nell’ambito destino che si diverte. Tornerà a Leeds a fine ostilità ma si dimetterà improvvisamente. Motivazioni? Nessuna, apparentemente. Poco tempo dopo però scoppiò uno scandalo finanziario che coinvolse il club, il cui rifiuto di aprire i registri fiscali alle autorità venne considerata come prova di colpevolezza. Squalificati a vita in cinque, tra cui Chapman. Herbert dopo le dimissioni era andato a Selby, ovviamente Yorkshire, a lavorare in un’industria di carbone, e quando la squalifica lo colpì era già lontano dal calcio e in testa l’idea che i campi non li avrebbe più rivisti maturò in quel momento. Tra le altre cose, poco tempo dopo perse anche il lavoro a Selby, visto che la compagnia venne ceduta e a lui dissero grazie e arrivederci.

Manager dell’Huddersfield

A salvarlo arrivò però Ambrose Langley, manager dell’Huddersfield Town ed amico di uno dei – tanti, dieci – fratelli di Chapman che gli offrì un posto da assistente allenatore e soprattutto l’appoggio del club nel ricorso contro la squalifica, ricorso che vincerà. Il destino gli sorrise e un mese dopo, quando Langley dovette essere sostituito, Chapman venne nominato manager. Tatticamente riprese le idee di Northampton, aggiungiamo però un aspetto non ancora trattato: la scelta accurata dei giocatori sul mercato, giocatori che potessero essere adatti al suo sistema (con la s minuscola, quello con la S arriverà…). Creò dal nulla uno scouting, con osservatori che gironzolavano per i campi d’Albione a preparare resoconti da sottoporre all’attenzione del manager, e segnatevi anche questa alla voce “idee geniali”. Terzo posto alla prima stagione ma con una FA Cup in saccoccia, poi due titoli in back-to-back. Difesa e contropiede, tre trofei vinti con i Terriers, e basterebbe già per consegnarlo alla storia. Che poi l’Huddersfield vincerà anche il terzo campionato di fila, ma ormai Chapman aveva spedito le sue labbra indirizzo nuovo, più a sud.

L’Arsenal nel 1925 cercava un manager. I soldi c’erano e non erano un problema per Sir Henry Norris, lo stadio era appena sorto in quel di Highbury, quel che mancava erano i trofei, l’argenteria, quella che fa ricordare il tuo nome ai posteri. Il club mise un annuncio di lavoro sull’Athletic News: cercasi manager, astenersi perditempo, please (altri tempi, ma altri per davvero. Immaginatevi oggi un Zamparini qualunque…). Chapman, che era legato al natio Yorkshire e tutto quello che volete ma a cui l’idea di vivere e lavorare a Londra schifo non faceva visto che arrivava insieme a 2.000 sterline annue, rispose. Treno direzione Islington e firma sul contratto: era ufficialmente un Gunner. Diventerà THE Gunner.

Dal 2-3-5 al WM

Dal 2-3-5 al WM

Piccola parentesi, ma fondamentale. Nel Giugno del 1925 venne modificata dalla IFAB la regola del fuorigioco, portando da tre a due (portiere compreso) i giocatori necessari tra l’attaccante e la porta affinchè questo fosse in gioco: questo per favorire lo spettacolo e aumentare il numero di goal. Vince chi sa adattarsi, dicono. Chapman (con il contributo del suo nuovo capitano, Charlie Buchan) capì che senza un adattamento difensivo la squadra sarebbe stata sepolta dai goal – e in effetti ne buscarono 7 dal Newcastle. Oh, all’epoca vigeva il mitologico 2-3-5, ricordiamolo. Cosa fece in concreto Chapman? Abbassò il centrale di centrocampo sulla linea dei difensori, togliendogli i compiti di regia e allargando i due difensori originali; contestualmente portò due dei cinque attaccanti sulla linea della trequarti diremmo oggi, comunque, davanti ai due mediani rimasti. Nasceva il WM, il Sistema, il Metodo, chiamatelo come preferite. Fu l’ennesima trovata geniale di Herbert Chapman, quella che lo consegnò alla storia del calcio.

Chapman lo rese vincente anche perchè applicò questa nuova concezione al suo stile di difesa e contropiede. Due massime: 1) puoi attaccare quanto vuoi, ma non vuol dire che segnerai. L’occasione migliore per segnare è quando recuperi palla in difesa, perchè la squadra avversaria è sbilanciata e la puoi sorprendere; 2) ogni squadra che entra sul terreno di gioco ha un punto garantito; se non subisco goal, mal che vada mi prendo un punto. Geniale e veramente rivoluzionario, questo sì. Va detto che la fortuna del WM dipendeva in larga parte dalla qualità dei giocatori, perchè sostanzialmente con i due difensori larghi a marcare le ali avversarie e il centrale a uomo sul centravanti la chiave divennero i duelli individuali. Non a caso l’Arsenal di Chapman impiegherà cinque stagioni per vincere il primo trofeo, la FA Cup del 1930 (contro l’Huddersfield Town, e sempre il destino che si diverte…), dopo numerosi lifting di mercato effettuati. Ecco, però non si fermerà più, nemmeno dopo l’improvvisa morte del manager, nel 1934, a seguito di complicazioni per una polmonite. Chapman, convalescente da un brutto raffreddore, non volle perdersi un match della squadra riserve dell’Arsenal, solo che il freddo di Gennaio gli fu fatale. E’ sepolto a Hendon, dove risiedeva.

FA Cup 1930

Questo il profilo di Chapman, ciò che lo rende una leggenda del gioco. Tattiche innovative, scouting, addirittura la preparazione fisica affidata a specialisti, i numeri sulle maglie, l’intuizione di una competizione europea per club vent’anni prima che questa nascesse, l’essere stato il primo manager professionista della Nazionale (sebbene solo per un tour Europeo). Tutto molto bello e visionario per certi aspetti, e che influenzerà club in Inghilterra e in Europa. Però è the man who made Arsenal, e questo non può essere dovuto solo alle tattiche. Certo, i trofei: quelli aiutano, visto che prima di lui non si era vinto nulla e si tende a ricordare chi vince, non chi perde. Ma lo spirito soprattutto. Fece rinominare la stazione della metro di Gillespie Road in Arsenal, perchè “chi ha mai sentito parlare di Gillespie Road? Qui intorno è tutto Arsenal!”. Un giorno si alzò e decise che la maglia rossa era troppo banale: Liverpool, Forest…via l’all-red: fece aggiungere le maniche bianche, che ancora oggi sono l’Arsenal . Ma soprattutto si presentò così: “I am going to make this the greatest club in the world”. Herbert Chapman, l’ingegnere che rivoluzionò il calcio. Ora siede nel Pantheon di questo gioco che ci fa impazzire, insieme a pochi eletti; ma la sua casa rimarrà sempre e solo una.

Viaggio nella Londra del calcio: Arsenal

Arsenal Football Club
Anno di fondazione: 1886
Nickname: Gunners
Stadio: Emirates Stadium, Drayton Park, London N5
Capacità: 60.432

Dell’Arsenal non ci scorderemo mai due cose: Highbury e Febbre a 90′, traduzione dell’originale Fever Pitch. Il primo è stato lo stadio più bello che abbiamo visitato, e il giorno in cui è stato demolito una piccola ferita si è aperta nel nostro cuore, che pur non batte per l’Arsenal; il secondo è stato uno dei libri più decisivi nella formazione della nostra cultura e passione per il beautiful game, oltre che vera Bibbia del tifoso (e che, vi avvisiamo, sarà probabilmente pluricitato qui, anche se tenteremo di evitare ciò). Ad Highbury chi vi scrive ci è arrivato nell’estate del 2005, nel periodo degli attentati, per cui la Piccadilly Line era chiusa costringendoci a scendere a Finsbury Park, e fare poi la tratta a piedi Blackstock Road-Ambler Road-Avenell Road in mezzo a Islington, tipico quartiere londinese residenziale in cui bianco e nero si integrano a prima vista senza problemi, almeno a giudicare dagli odori di cibo provenienti da ogni parte del Mondo e dai bambini che giocavano in strada in quella mattina di un Luglio londinese. Highbury era più inserito nel quartiere rispetto a White Hart Lane, in mezzo alle case letteralmente, tanto che come ricorderete il sogno di Paul, nell’omonimo film tratto dal libro (e non stiamo a ripete quale), era acquistare casa vicino allo stadio, con il proprietario dell’appartamento che, bluffando clamorosamente e ignorando che all’acquirente poco gliene importava del chiasso, gli dice che il rumore durante le partite non si sente. Ma Highbury era troppo piccolo, e l’Arsenal troppo grande, per cui si optò per costruire una nuova e più capiente casa, poco distante (la fermata del Tube per arrivarci rimane sempre Arsenal) da quel gioiello che, concedetecelo, aveva tutt’altro sapore rispetto al supermoderno Emirates. Oggi e ormai da molti anni l’Arsenal è Islington e viceversa, eppure c’era un tempo in cui l’Arsenal giocava più a sud, le stesse radici della squadra sono più a sud, non lontano dal Charlton Athletic. Andiamo a scoprirle…

L’Arsenal venne fondato nel 1886 da un gruppo di lavoratori del Woolwich Arsenal Armament Factory, come facilmente intuibile, insomma, una fabbrica di armamenti, posta appunto del quartiere di Woolwich, situato oggi nel borough di Greenwich. Siamo a origini simili a quelle del Millwall, con la fondazione avvenuta per opera di lavoratori di una fabbrica (per giunta con un’impronta scozzese entrambe). Il nome originale della squadra era Dial Square, riferimento alla meridiana (sundial) posta all’ingresso della fabbrica; tuttavia venne quasi immediatamente mutato in Royal Arsenal. Un contributo fondamentale lo diedero due ex giocatori del Nottingham Forest (Fred Beardsley e Morris Bates) in quanto, intercedendo presso l’ex club, riuscirono a ottenere una fornitura di maglie rosse, colore che venne adottato dal Royal Arsenal e che tutt’oggi è il tratto distintivo del club (le maniche bianche verranno però introdotte molto più avanti). Per quanto riguarda i campi da gioco utilizzati, come abbiamo visto nelle altre tappe del nostro viaggio la situazione era spesso in evoluzione costante, e il Royal Arsenal non sfuggiva a questa regola. Gli impianti utilizzati nei primi anni, nella zona di Plumstead, comprendevano Plumstead Common (il primo impianto usato dalla squadra), Sportsman Ground (situato nella zona delle Plumstead Marshes), e in seguito il Manor Ground, preso in affitto grazie ai primi profitti ottenuti dai match nella London Senior Cup; quando anche il Manor Ground, dopo una stagione, venne considerato inadatto, il club si spostò all’Invicta Ground. Era il 1890.

Woolwich Arsenal a Manor Ground

Quella stagione il Royal Arsenal giocò per la prima volta in FA Cup, competizione aperta a tutti, anche ai club del nord, che all’epoca viaggiavano su un livello nettamente più alto rispetto a quelli del sud, essendo molti di loro già passati al professionismo (il calcio si diffuse prima al nord, come testimoniano bene Sheffield FC – 1857, Notts County – 1862, Nottingham Forest – 1865, etc.). La differenza di livello rispetto ai club del centro-nord del Paese, unito al tentativo fatto da uno di essi – il Derby County – di firmare con contratti professionistici due giocatori del Royal Arsenal, indusse il club del sud-est di Londra a passare al professionismo (1891). La reazione delle altre squadre del sud non si fece attendere, le proteste montarono nel timore che il Royal Arsenal creasse un divario incolmabile con il resto del panorama amatoriale del sud e la London Football Association prese la decisione di bandire il club da tutte le sue competizioni, lasciandogli la sola possibilità di partecipare alla FA Cup (e ovviamente di disputare amichevoli). Il Royal Arsenal reagì tentando di creare una versione meridionale della Football League, tentativo però fallito. Prima che la vicenda venisse risolta, e vedremo come, il club tornò al Manor Ground, di cui sarà casa fino al 1913, e cambiò nome in Woolwich Arsenal. Era il 1893, e stava per avvenire la svolta che avrebbe risolto la difficile questione dell’esclusione dai tornei londinesi e avrebbe segnato una tappa storica all’interno del panorama calcistico del sud.

Quell’anno, infatti, la Football League accolse il Woolwich Arsenal tra le sue fila, prima squadra del sud a entrare nel circuito professionistico del nord. A posteriori, la scelta del professionismo si rivelò dunque lungimirante, anche se alcuni giocatori dissidenti si opposero, fondando a loro volta il Royal Ordinance Factories, club dalla breve vita. Si partì dalla Division Two, dove il club rimase a lungo: 11 stagioni prima del grande salto in Division One, nel 1903. Arrivarono in seguito anche due semifinali di FA Cup, tuttavia la situazione iniziò a essere difficile, sia per la classifica non sempre splendida sia per problemi economici che stavano pian piano sorgendo. La svolta era ancora una volta dietro l’angolo, e arrivò con il nuovo proprietario, l’ex Fulham Henry Norris, che individuò nell’area a nord della City, quella di Highbury e Islington, la soluzione ai problemi del club, che avrebbe così potuto andare ad attingere a un bacino d’utenza (termine stramega inflazionato e di cui ci scusiamo) vergine. La retrocessione del 1913 diede il là al piano di Norris (che per la verità incontrò obiezioni sia dai tifosi, radicati in quel di Woolwich, sia dai residenti di Highbury), e il Woolwich Arsenal si trasferì così ad Highbury, in un nuovo impianto progettato, manco a dirlo, da Archibald Leitch. Cambiò nome l’anno dopo, eliminando l’ormai privo di significato Woolwich, riferimento a un quartiere che aveva perso i legami con la squadra, e sostituendolo con “The”. Nel frattempo sopraggiunse la Grande Guerra, e la storia si interruppe per qualche anno.

Unico, inimitabile: Highbury

Alla ripresa dei tornei, come abbiamo visto nel pezzo dedicato al Tottenham, la Division One venne allargata a ventidue squadre rispetto alle venti precedenti, e uno dei due posti aggiuntivi toccò proprio all’Arsenal, nonostante ne venisse da un sesto posto in seconda divisione nell’ultimo campionato pre-guerra. Le leggende intorno a questa decisione si sprecano. La versione ufficiale vuole che l’Arsenal sia stato scelto per il suo “long service to league football” stando alle parole dello stesso Norris, parole sottoscritte dalla Lega; la versione ufficiosa riporta invece che Norris ricattò la Lega, minacciando la fuoriscita dell’Arsenal e di altre squadre del sud del Paese (che avrebbero creato una Lega indipendente) se questa non avesse preso provvedimenti contro Liverpool e Manchester United, accusate di aver truccato alcune partite: per placare il proprietario dei Gunners, la Football League decise così di ammettere l’Arsenal alla Division One a scapito degli Spurs. Ai posteri l’ardua sentenza. Nel frattempo* sparì il “The” dal nome, lasciando posto all’odierno Arsenal Football Club. La vità in Division One non fu, nemmeno stavolta, semplice: dal 1919 al 1925 la squadra non ottenne mai risultati importanti (il massimo? Un nono posto), rischiando invece di retrocedere almeno in un’occasione. Norris decise dunque che era tempo di cambiare, diede il benservito al manager Leslie Knighton e, con una mossa entrata nella leggenda, affidò l’incarico a un allenatore che all’Huddersfield aveva vinto tanto: Herbert Chapman.

*la leggenda vuole sia stato Chapman a eliminare il “The”, versione però smentita qui

Parlare profusamente di Chapman in poche righe è un insulto alla grandezza stessa del manager, per cui ci scusiamo in anticipo e promettiamo nello stesso istante che un post dedicato alla storia di Chapman arriverà al termine del nostro viaggio. Tutti conoscono il WM, la modernità per i tempi di allora dell’allenatore di Rotherham, attento alla tattica, alla preparazione fisica e atletica, insomma a ogni minimo aspetto che potesse risultare decisivo per il suo team; meno coloro che invece sanno anche quanto Chapman abbia inciso sull’essenza stessa dell’Arsenal, dall’introduzione delle maniche bianche e di un rosso più acceso (i colori odierni) fino alla rinominazione della fermata del Tube di Gillespie Road, chiamata appunto con l’attuale Arsenal. Facilmente intuibile dunque il perchè Chapman sia sinonimo di Arsenal e quanto decisivo sia stato per il club, anche oltre le vittorie sul campo. I primi anni di Chapman, diciamo per semplificare dal 1925 al 1930, furono perloiù di preparazione ai successi futuri (il proprietario, Norris, si convinse a investire denaro nel club per renderlo competitivo), pur assaggiando per la prima volta il dolce sapore di una finale di FA Cup, peraltro reso amaro dalla sconfitta (0-1, contro il Cardiff City). Poi, nel 1930, la svolta, con la vittoria dell’FA Cup contro, guardacaso, l’Huddersfield, l’ex club di Chapman (pare che in occasione di questa finale le squadre siano entrate per la prima volta in campo insieme, e non si tornò più indietro), primo trofeo che conta messo in bacheca dal club, primo di una lunga serie. Nel 1930/31 arrivò il trionfo in campionato, nella stagione successiva si sfiorò la doppietta (svanita in coppa in una controversa partita contro il Newcastle), nel 1932/33 la nuova vittoria della Division One (solo parzialmente macchiata dalla clamorosa eliminazione in coppa contro il Walsall). Una striscia di successi che, per il manager, si interruppe bruscamente, con la morte avvenuta nel 1934 a causa di una polmonite; ma il caretaker manager Joe Shaw portò in bacheca, nonostante il contraccolpo dovuto alla morte del grande predecessore, il terzo titolo d’Inghilterra, secondo consecuitivo.

Il grande Herbert Chapman, uno dei più grandi allenatori di sempre

Comprimere l’epopea Chapman in un solo paragrafo è, ripetiamo, imbarazzante, e ci ri-scusiamo per questo. Provvederemo presto. Come nuovo allenatore venne scelto un dirigente del club, George Allison, il quale mise immediatamente mano alla squadra per darle nuova linfa; tra i nuovi arrivi Ted Drake, che segnerà qualcosa come 42 goal in quella stagione, che si concluse con il terzo titolo consecutivo di Division One. L’ulteriore evidenza che l’Arsenal fosse il miglior club d’Inghilterra venne fornita dalla famosa “Battle of Highbury”, l’amichevole che il Leoni vinsero 3-2 contro l’Italia campione del Mondo in carica e in cui schierarono ben 7 giocatori Gunners, record tuttora imbattuto. Le vittorie del club in quel decennio (oltre a quelle già viste, van ricordate la FA Cup del 1936 e il titolo del 1937/38) portarono anche alla ristrutturazione dello stadio (in modo da renderlo più capiente), con l’abbattimento delle tribune progettate da Leitch e la sostituzione con nuove tribune, tra cui la famosissima East Stand che chi è stato ad Highbury ha potuto ammirare anche da fuori, con la scritta “Arsenal Football Club” che campeggia nel candore decò della tribuna. Gli anni ’30 terminarono così con 5 campionati e 2 FA Cup vinte, con uno stadio nuovo di zecca, con il segno indelebile lasciato da Chapman e con la consapevolezza di essere il miglior club del Paese. Ricordiamo, per tutte, una formazione di quegli anni, per rendere giustizia ai protagonisti di quell’epopea: Preedy; Parker, Seddon, Hapgood; Hulme, Baker, John, Bastin; Jack, Lambert, James, squadra che vinse la FA Cup nel 1930.

A interrompere il decennio d’oro dei Gunners sopraggiunse, inevitabilmente, la guerra. Durante i bombardamenti tedeschi Highbury (che venne requisito dall’ARP, Air Raid Precautions) rimase danneggiato, il North Bank in particolare, ovvero il settore tradizionalmente riservato ai tifosi più “caldi”; l’Arsenal fu dunque costretto a giocare i tornei bellici a White Hart Lane. Alla ripresa delle competizioni Allison si ritirò dopo una sola stagione (1946/47), terminata al tredicesimo posto; il posto di manager venne preso da Tom Whittaker, che come successo altre volte nei nostri viaggi era un membro del club da molti anni, avendo lavorato anche con Chapman. Whittaker vinse immediatamente il campionato (1947/48), a cui aggiunse una FA Cup nel 1950 (2-0 al Liverpool); mise poi mano alla squadra, ringiovanendola, la quale, guidata in campo dal capitano Joe Mercer (firmato da Allison nella sua ultima stagione alla guida del club), sfiorò il double nella stagione 1951/52 (sconfitta in finale di coppa nuovamente con il Newcastle), vincendo poi il titolo nella stagione successiva dopo un testa-a-testa avvincente con il Preston North End, risolto solo dalla media goal. In vent’anni, l’Arsenal aveva così vinto 7 titoli inglesi e 3 FA Cup; ma incredibilmente, quello fu tutto, almeno per i successivi 17 anni. Whittaker morì nel 1956; venne rimpiazzato da ex-giocatori, Jack Crayston e George Swindin, i quali tuttavia poco ottennero (il massimo, un terzo posto ottenuto da Swindin) rispetto al predecessore. Si tentò anche la soluzione affascinante, ovvero quella di nominare manager, nel 1962, la leggenda vivente Billy Wright, capitano storico dell’Inghilterra e dei Wolves anni ’50; ma anche Wright poco fece per risollevare le sorti del club, e nel 1966 venne quindi risolto il rapporto, e nominato come successore il fisioterapista della squadra, Bertie Mee.

Bertie Mee con i trofei del double

Bertie Mee, scelto forse casualmente e per la disperazione dei risultati ottenuti nei 17 anni senza vittorie, fu invece l’uomo della provvidenza, che riportò il club ad assaggiare il dolce sapore del successo. Favorito anche da un giovane nucleo di giocatori provenienti dall’academy (su tutti Charlie George, uno dei tanti “talenti ribelli” del calcio inglese di quegli anni, capelli fluenti da musica pop – i Beatles erano sulla cresta dell’onda, e John Radford), Mee vinse il primo trofeo dal 1953, la Coppa delle Fiere (poi UEFA) del 1969/70, sconfiggendo in finale l’Anderlecht, dopo aver perso consecutivamente (1968 e 1969) due finali di Coppa di Lega, contro Leeds e Swindon Town, la seconda immortalata anche da Hornby in Febbre a 90 nel capitolo intitolato “Don Rogers” (non ho controllato, giuro). Il successo europeo fu l’antipasto per una portata ancora più gustosa, chiamata nello specifico double e gustata nella stagione seguente, 1970/71: il campionato venne vinto all’ultima giornata a White Hart Lane, rendendo la già storica vittoria leggendaria (all’Arsenal bastava uno 0-0, ma s’impose 1-0 con goal di Ray Kennedy); la coppa venne vinta in finale 2-1 contro il Liverpool, ma epica fu la semifinale contro lo Stoke City, che i Gunners riuscirono a portare al replay dopo essersi trovati sotto 0-2 nella prima partita. Ma fu nuovamente tutto, e Mee sfiorò solamente negli anni seguenti altri successi (una finale di FA Cup persa 0-1 contro il Leeds, un secondo posto nel 1973/74) senza tuttavia ottenerne alcuno. Si dimise al termine della stagione 1975/76, e venne sostituito dall’ex giocatore del club, e allenatore dei rivali Spurs, Terry Neill.

Nonostante l’esperienza di Neill al Tottenham fosse stata fallimentare, all’Arsenal riuscì a ottenere qualche risultato considerevole. Fu nuovamente decisivo il vivaio, che sfornò giocatori quali Liam Brady, David O’Leary, Frank Stapleton (curiosamente tutti irlandesi, come i compagni Pat Jennings e Pat Rice) i quali andarono a formare il nucleo della squadra che raggiunse tre finali consecutive di FA Cup (1978, 1979, 1980), vincendo però solo quella del 1979 contro il Manchester United (le altre due vennero perse, una contro l’Ipswich Town, l’altra contro il West Ham United, entrambe per 0-1). Inoltre nel 1980, parallelamente alla sconfitta in FA Cup, arrivò anche quella in finale di Coppa delle Coppe, persa ai rigori contro il Valencia. Cominciò in quel momento un periodo di relativo declino, segnato da clamorose sconfitte in coppa (Walsall e York City in FA Cup, i dilettanti belgi del K.F.C. Winterslag in UEFA) che si protrasse fino all’avvento di George Graham nel 1986 (nel mezzo, dopo il licenziamento di Neill, fu manager per un breve periodo Don Howe). Graham proveniva dal Millwall, che aveva condotto in seconda divisione e, se a suo favore c’era il fatto di aver giocato con l’Arsenal negli anni ’60, molti dubbi sorgevano proprio dalla scarsa esperienza ad alto livello. Come moltissime altre squadre del periodo (bisognerebbe poi scindere verità da leggende postume, un giorno) l’Arsenal contattò Alex Ferguson, rampante allenatore dell’Aberdeen, il quale declinò l’offerta, spianando la strada all’assunzione di Graham. Nigel Winterburn, Alan Smith, Lee Dixon, Steve Bould si unirono a prodotti del vivaio come Paul Merson, David Rocastle, Tony Adams, Michael Thomas: la squadra che avrebbe riportato l’Arsenal a livelli di eccellenza era formata.

Il goal per eccellenza: Michael Thomas segna, l’Arsenal vince il titolo 1988/89

Alla prima stagione alla guida del club Graham mise subito in bacheca la Coppa di Lega (persa tuttavia in finale l’anno successivo contro il Luton Town), sfuggita per ben due volte in precedenza. Ma il capolavoro lo portò a termine nella terza stagione sulla panchina dei Gunners, campionato vinto nel modo che tutti sanno, con l’incredibile 2-0 ad Anfield Road nell’ultima partita (l’Arsenal necessitava di una vittoria con almeno due goal di scarto, altrimenti il titolo sarebbe andato al Liverpool) e la rete all’ultimo istante di Michael Thomas. Titolo rivinto, dopo un quarto posto nel 1989/90, nel 1990/91, quando allla già citata squadra vennero aggiunti due innesti come David Seaman e Andres Limpar (il double sfuggì nella famosa semifinale contro il Tottenham). Quest’ultima vittoria aprì le porte dopo vent’anni della Coppa dei Campioni (in precedenza era infatti in vigore il divieto per i club inglesi di prendere parte alle competizione europee dovuto agli incidenti dell’Heysel, e nel 1971/72 l’Arsenal venne eliminato dalla mitica Ajax di Crujff), dalla quale però l’Arsenal (che nel frattempo aveva aggiunto alle sue fila Ian Wright, proveniente dal Crystal Palace) venne eliminato per mano del Benfica. Graham non vinse più il campionato, tuttavia aggiunse altri tre trofei alla bacheca del club: fece la doppietta in coppa nel 1992/93 (Coppa di Lega e FA Cup) e vinse il secondo titolo europeo della storia dei Gunners l’anno seguente, la Coppa delle Coppe, battendo 1-0 nella finale di Copenaghen il Parma detentore della coppa. Fu l’ultimo trofeo con George Graham alla guida: lo scozzese venne infatti licenziato nel Febbraio del 1995, quando si fece luce su un pagamento illegale che il manager accettò dal procuratore norvegese Rune Hauge, nell’ambito del trasferimento di John Jensen avvenuto nel 1992. La squadra venne traghettata dal vice di Graham, Stewart Houston, fino al termine della stagione. riuscendo peraltro a raggiungere nuovamente la finale di Coppa delle Coppe, persa contro il Real Saragozza, con il famoso goal da 40 metri di Nayim che sorprese Seaman nell’ultimo minuto dei supplementari, e dopo un avvicente semifinale contro la Sampdoria.

Come sostituto di Graham venne scelto un manager dal profilo simile a quello che aveva lo scozzese nel 1986: Bruce Rioch, non un allenatore affermato ma che aveva guidato il Bolton alla promozione in Premiership e a una finale di Coppa di Lega. Acquistò Dennis Bergkamp dall’Inter per 7.5 milioni di sterline, ma ironicamente furono proprio disaccordi sui fondi per i trasferimenti a portare alla rottura tra Rioch e la dirigenza e alla conseguente separazione. Ancora una volta Houston venne incaricato di fare da caretaker manager per dirla all’inglese, ma quando questi accettò l’offerta di allenare il QPR fu Pat Rice a terminare la stagione alla guida della squadra, e a risultare quindi, tuttoggi, il penultimo allenatore dei Gunners. Quell’estate (o meglio dire autunno, visto che venne ufficializzato il 30 Settembre) si decise di puntare infatti su un allenatore francese, reduce da un’esperienza in Giappone ma che aveva in precedenza ottenuto ottimi risultati alla guida del Monaco: Arsene Wenger. Non ci soffermeremo molto sugli anni di Wenger, come facciamo sempre quando si parla di storia recente e bene o male conosciuta ai più, specialmente per una squadra come l’Arsenal tra le più tifate al Mondo. Ci limitiamo a elencarne i successi. Wenger ha fin qui conquistato tre campionati (1997/98, 2001/2002, 2003/2004), di cui l’ultimo da imbattuto, l’unica squadra nella storia del calcio inglese a riuscirci insieme al Preston North End del 1888/89; ha vinto quattro FA Cup, 1998-2002-2003-2005, due delle quali (1998 e 2002) che significarono double (le quattro finali: Arsenal-Newcastle 2-0, la rivincita sui Magpies; Arsenal-Chelsea 2-0; Arsenal-Southampton 1-0; Arsenal-Manchester United 0-0 e vittoria ai rigori); ha disputato infine una finale di Champions League, persa per 1-2 contro il Barcellona a Parigi nel 2006. Ma soprattutto ha portato all’Arsenal giocatori del calibro di Thierry Henry, Sol Campbell (strappato ai rivali del Tottenham), Patrick Vieira, Robert Pires (la colonia francese è sempre stata molto numerosa), Cesc Fabregas, tanto per citarne alcuni tra i tanti, trasformando i Gunners in uno dei club di riferimento a livello mondiale, sebbene continui a mancare quella vittoria in Europa che, come vedremo presto, è riuscita al Chelsea e che significherebbe il salto di qualità definitivo.

Thierry Henry, leggenda Gunners

L’FA Cup del 2005 è anche l’ultimo trofeo vinto dal club; gli ultimi anni han visto l’Arsenal e Wenger concentrarsi sulla costruzione di una squadra giovane che possa fare da base per successi futuri, ma nonostante piazzamenti sempre nei primi posti in campionato il progetto è fino ad ora fallito in termini di trofei vinti. Anche gli acquisti di giocatori più affermati non sono sempre stati all’altezza, e la concorrenza di nuove forze economiche quali Chelsea e Manchester City non aiuta di certo (basti pensare ai casi Cole – soprannominato non a caso Cashley, o Nasri e Clichy, o allo stesso Fabregas). E dire che dal 2006 l’Arsenal ha, come detto in apertura, anche una nuova casa, poco distante dal vecchio Highbury (trasformato in un caseggiato), l’Emirates Stadium, stadio da più di 60mila posti sicuramente più adatto all’ampia fanbase dei Gunners (o Gooners, come amano chiamarsi) rispetto ai 40mila di Highbury ma che non riesce proprio a competere in quanto a bellezza con il vecchio impianto. Fanbase che, in attesa di nuovi successi (Wenger è sempre saldo al suo posto), si consola con il St Totteringham’s Day, ovvero il giorno in cui l’Arsenal ha la matematica certezza di finire davanti agli Spurs, cosa che avviene dal 1995/96 senza interruzioni; e fanbase che è, come prospettato in precedenza, tra le più ampie al Mondo (secondo dati del 2005, la terza più ampia). Ma il cuore pulsante del club più titolato di Londra rimane Islington, con le sue casette a schiera, la multietnicità e i bambini che giocano in strada, sotto la scritta “Arsenal Football Club” che ancora campeggia in quel caseggiato sorto sulle ceneri di Highbury; e allora come un rimbambito ti fermi lì sotto, e pensi a Chapman, ai double, agli invincibili, al goal di Michael Thomas, a Nick Horby, a Charlie George, ti guardi intorno e realizzi in quel momento di essere nel bel mezzo della storia del calcio, e con un sorriso torni verso la metropolitana, lasciando a quel quartiere l’orgoglio che solo una squadra di calcio può dare.

Prossima puntata Chelsea, siamo quasi alla fine.

Records

  • Vittoria più larga: 12-0 v Loughborough (Division Two, 12 Marzo 1900); 12-0 v Ashford Utd (FA Cup, 14 Ottobre 1893)
  • Sconfitta più larga: 0-8 v Loughborough (Division Two, 12 Dicembre 1896)
  • Maggior numero di spettatori: 73.295 v Sunderland (Division One, 9 Marzo 1935)
  • Maggior numero di presenze in campionato: David O’Leary, 558
  • Maggior numero di goal in campionato: Thierry Henry, 176

Trofei

  • Division One/Premier League: 1930/31, 1932/33, 1933/34, 1934/35, 1937/38, 1947/48, 1952/53, 1970/71, 1988/89, 1990/91, 1997/98, 2001/02, 2003/04
  • F.A. Cup: 1930, 1936, 1950, 1971, 1979, 1993, 1998, 2002, 2003, 2005
  • League Cup: 1987, 1993
  • F.A. Charity/Community Shield: 1930, 1931, 1933, 1934, 1938, 1948, 1953, 1991, 1998, 1999, 2002, 2004
  • Coppa delle Coppe: 1993/94
  • Coppa delle Fiere/U.E.F.A.: 1969/70

Rivali: Tottenham Hotspur, Chelsea

Link: Arsenal Italia, Arsenal Italy, Italian Gooners Forum