Una gita a Portsmouth

[Riceviamo e pubblichiamo un racconto inviatoci da Stefano Galligani]

La partita doveva essere un’altra.

Da tempo ci eravamo ripromessi una ”zingarata” nella vecchia, cara Inghilterra alla ricerca di atmosfere ed emozioni perdute ed oggi sempre più difficili da rivivere.

Un rapido consulto tra noi ed il parere dell’amico Matthew Bazell ci portano a decidere per Portsmouth, per lo storico Fratton Park e per la partita casalinga contro il Wimbledon. Due squadre che per i frequentatori ed appassionati del calcio inglese non hanno bisogno di presentazioni. Due tifoserie che noi di Lucca United, sostenitori convinti di un maggior coinvolgimento dei tifosi nelle vicende del calcio attraverso l’azionariato popolare, sentiamo particolarmente vicine.

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Nella nostra ricerca di un calcio ancora genuino, lontano dalle devastazioni del calcio moderno, questa sarebbe stata la partita perfetta. Sarebbe stata. Perché il maledetto calcio di Sky ci attendeva al varco per punire la nostra ribellione e la nostra caparbietà nel gridare che un altro calcio è possibile.

Circa tre settimane prima della partenza ci accingiamo a comprare i biglietti per il match e scopriamo che la partita è stata spostata alla domenica pomeriggio. Fregati. Il nostro aereo riparte da Londra alle 13 di domenica, ed è già pagato, così come il treno per Londra. Deve essere Portsmouth, per forza. Dobbiamo trovare una qualche altra partita nelle vicinanze. Esclusa la Premier League perché quel calcio non ci interessa, spostiamo la nostra attenzione sulla Championship e sulla League 1 e 2. Plymouth sarebbe il top ma gioca a York, altre ricerche sono infruttuose ed allora vediamo cosa offre la National League South…Trovato! C’è una squadra che sabato gioca in casa, è il Gosport Borough FC il cui miglior risultato nella propria storia è appunto la National League South. Il calcio professionistico lo ha conosciuto solo nelle amichevoli estive (Portsmouth in primis of course). Lo stadio si chiama Privett Park ed ha un ampio bar aperto prima, durante e dopo le partite. Si serve una buona ale. Aggiudicato.

Portsmouth ci accoglie un venerdì sera, non piove ma tira un discreto venticello. Scendiamo a Fratton (il nostro albergo è a due passi da Fratton Park) e dopo aver attraversato la sopraelevata e percorso 100 metri siamo tutti d’accordo: qui il tempo si è fermato, dai negozietti che incontriamo lungo il cammino alle abitazioni del quartiere sembra di essere tornati agli anni ’80 ,’90. Ai tempi della 6.57 crew… Troppo bello. Se non fosse per il Macdonald’s ed il KFC accanto al nostro hotel potremmo giurare di essere tornati ad epoche storiche ben piu’ gloriose..in tutti i sensi. Lasciati i bagagli ci facciamo consigliare un pub nelle vicinanze. Seicento metri e ..bingo. Entriamo e ..scordatevi i pubs di Londra tutti fighettini che mandano in brodo di giuggiole i turisti globalizzati/griffati/omologati. Lo Sheperd’s Crook sembra più un vecchio bar dei nostri tempi andati. Diviso in tre sale , vede la prima stanza occupata da un ampio tavolo da biliardo sul quale si affrontano due stagionati avventori rinforzati da un paio di ragazzotti. Un caminetto spento serve a dare una qualche illusione di tepore ad un cane sdraiato lì davanti su una coperta. Lo stesso cane che un’ora più’ tardi riaccompagna a casa uno dei due vecchietti , stralunato dalle numerose Stella Artois bevute.. Come si faccia ad ubriacarsi con quella birra è un mistero che non scopriremo mai. Noi ci accomodiamo nella seconda stanza, dove si trova il bancone e vecchi divani in pelle che hanno tutta l’aria di aver visto l’Inghilterra vincere il suo unico mondiale. Le pareti sono tappezzate di foto del Portsmouth Fc di tutte le epoche e non possono mancare i ricordi della FA CUP vinta ad Wembley nel 2008 contro il Cardiff. Poco prima di mezzanotte suona la mitica campanella che avverte che si può’ fare un ultimo ordine prima della chiusura, cosa che riporta alla memoria una lunga estate trascorsa in Inghilterra nel 1981..gli anni di Brian Clough, Trevor Francis e le due coppe dei campioni appena vinte.. Il calcio dei magnati russi o degli imprenditori asiatici era pura fantascienza…

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Ci congediamo facendoci consigliare un posto dove poter fare una “traditional english breakfast “ il mattino seguente. Sugli schermi del locale notiamo distrattamente immagini dello Stade de France con la gente in campo ma siamo troppo presi dalle nostre emozioni per soffermarci a riflettere. Poco dopo in hotel, accendiamo la tv e capiamo fin troppo bene cosa sia appena accaduto a Parigi…Sgomenti, increduli, ma ancora più nostalgici di altre epoche e momenti storici di cui fortunatamente siamo stati testimoni.

L’indomani siamo pronti per scoprire Portsmouth, non prima di aver rigorosamente rispettato il rito della English breakfast in un locale degno del pub della sera precedente. Inizia a piovere ed a tirar vento in ossequio alla stagione. Il kway di Lucca United si mostra un ottimo rimedio contro la pioggia ed il vento. Test superato. Facciamo un salto a Fratton Park (purtroppo chiuso e sprangato) per toccarne i muri ed una rapida quanto fruttuosa (per le casse del club, meno per il nostro portafoglio) incursione nello store del Pompey. Qualche souvenir va pure comprato. Il nostro amico Matthew ci ha raggiunto da Londra assieme a Kevin e ci aspetta alla stazione di Portsmouth Harbour, un abbraccio, pacche sulle spalle e ci facciamo guidare alla scoperta della zona. Ci aggiorniamo sui fatti calcistici delle nostre squadre ( Matt tifa Arsenal, Kevin Aston Villa ) e poi ci sediamo in un caffè a fare ancora due chiacchere. Alle 13 ci salutiamo e ci diamo appuntamento per un paio di pinte post partita ( ottime ! ) in un pub nella zona del porto. Andiamo a scoprire il Gosport Borough FC.

Un piccolo traghetto parte accanto alla stazione di Portsmouth Harbour ed è solo questione di imbarco/sbarco. In due/tre minuti siamo sull’altra sponda e c’è solo da trovare Privett Park. Non così scontato perché a piedi è lontano ed l’autista dell’autobus sembra avere solo una vaga idea di dove si trovi.. forse è nuovo della zona. Dopo una decina di minuti siamo a destino. Ora parlare di stadio può far sorridere i più, diciamo impianto sportivo dove due comode tribune coperte ( una storica e l’altra più recente da 300 posti tutti a sedere ) sono sufficienti per ospitare gli appassionati locali che oggi sono presenti in 387 unità ( come da prassi nel secondo tempo lo speaker comunica all’altoparlante il numero ufficiale dei paganti) Diciamo in tutto poco più di 400 spettatori tra cui tre pazzi italiani ( probabilmente i primi visti da queste parti dal 1936, data di fondazione del club ). Avevamo annunciato la settimana prima la nostra visita e già l’addetto al tornello ci saluta e ci fa entrare quali graditi ospiti. L’ingresso sarebbe costato 13 sterline che abbiamo risparmiato ed investito nell’acquisto del match program ( giornalino dettagliatissimo e ricco di informazioni sul club ) e soprattutto in un numero di pinte che non ricordiamo molto bene . Siamo accolti da Mark Hook ,presidente del club e da Alex Spike, il direttore generale ,al Gosport dal 2006. Dopo avergli spiegato che tifiamo Lucchese, che siamo fondatori di LUCCA UNITED , azionariato popolare, facciamo dono di un gagliardetto della nostra amata Lucchese e di due sciarpe di Lucca United. Riceviamo in cambio le loro sciarpe ed un bel libro sui primi 70 anni del club . Espletate le formalità di rito, il presidente ci accompagna a visitare gli uffici, la zona hospitality che puo’ accogliere fino a 16 persone durante la partita ( soprattutto gli sponsors che sono numerosi ) , il locale dove si trova il merchandising , ci presenta ad altri dirigenti. Ci informa sul budget annuale, sulle numerose squadre giovanili , sulle ambizioni di un club che vorrebbe un giorno “fare la storia “ ed arrivare nel calcio professionistico. Un piccolo club molto ben strutturato ed organizzato con una comunità locale pronta a dare una mano attraverso tanti sponsors e contributi volontari. E siamo a due passi da Portsmouth, squadra per la quale ovviamente tutti ( o quasi ) tifano .Nel 2013 il Gosport è arrivato a Wembley ( sì’ avete capito bene ). Ha giocato la finale della FA Trophy ( trofeo della serie D ) contro il Cambridge che allora era nei dilettanti. 19mila spettatori, 4 a zero per il Cambridge e tutti a casa felici e contenti. Con i soldi dell’incasso il Gosport ha costruito nuovi uffici e migliorato il proprio impianto. Ogni paragone con il calcio italico ci pare fuori luogo e superfluo.

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La partita sta per iniziare, qualcuno del nostro ristretto gruppo preferisce accomodarsi nell’ampio bar posto alle spalle di una delle due porte e seguire la partita dalle ampie finestre che si affacciano sul campo, con una pinta ( talvolta due ! ) a portata di mano . Noi ci accomodiamo nella tribuna principale sorseggiando una calda e piccante zuppa acquistata al chiosco posto accanto alla tribuna. Piove e tira un gran vento ma noi resistiamo fino alla fine. Un manipolo di giovani tifosi rinforzati da qualche adulto sostiene calorosamente la squadra con il supporto di un tamburo ed una tromba in un clima rilassato e festoso. La partita è una partita di serie D, senza infamia e senza lode. Non troverà grande menzione negli annali del calcio. La risolve su rigore l’eroe di casa, Justin Bennet ,al quattordicesimo goal in campionato e goleador storico del club. Una leggenda da queste parti. L’avversario? Vi interessa proprio ? Il Weston Super Mare, squadra del Somerset.

La partita finisce, ci congediamo rapidamente salutando alcuni giovani tifosi con i quali avevamo stretto amicizia. Piove ancora e ci affrettiamo a raggiungere la fermata del bus, il traghetto e Matthew che ci aspetta per una pinta. Alla quale ne seguiranno altre. Molte altre. In un fiume di sensazioni, ricordi, emozioni che, se permettete, teniamo per noi. Irriducibili naviganti nel calcio che fu. Archeologi dei tempi andati di quando, come scrive Matt nel suo libro , il football era ancora the people’s game, il gioco del popolo. Come a Gosport e dintorni..

Il papavero della discordia

In Flanders fields the poppies blow
      Between the crosses, row on row,
   That mark our place; and in the sky
   The larks, still bravely singing, fly
Scarce heard amid the guns below.

“In Flanders Fields” di John McCrae è la poesia da cui deriva l’usanza del papavero come simbolo dei caduti di guerra, il papavero rosso che cresce sul luogo in cui un soldato è caduto. Ho sempre ammirato i britannici, tra i tanti motivi, per uno in particolare: il rispetto della tradizione e della memoria collettiva. L’appuntare un papavero all’occhiello in ricordo di chi ha perso la vita per difendere il Commonwealth, un gesto tanto semplice quanto carico di significato; il Remembrance Day, così denso di pathos, di commozione collettiva, con il veterano di turno che, anche sui campi da calcio della Premier e della Football League, depone una corona di papaveri a centrocampo, in un mix di applausi e di silenzio tombale che in Paesi meno civili (e l’elenco è da considerarsi lungo) si sognano.

Oggi mi è capitato di leggere su un sito italiano di prim’ordine (addirittura) una storia che in realtà già conoscevo, sia perchè letta sui media inglesi sia perchè trattasi di un deja vu. Protagonista James McClean, ex-Sunderland ora al Wigan. Una vicenda che concentra in se più di mezzo secolo di storia del Regno Unito, e di una città in particolare che dei Troubles che sconvolsero l’Irlanda del Nord fu il simbolo: Londonderry per la corona e i suoi seguaci, Derry per chi sogna la Repubblica d’Irlanda. McClean è un cattolico, nativo proprio di Derry, tecnicamente britannico, calcisticamente irlandese per una precisa volontà, non dettata da opportunismo (del tipo, gioco nell’Eire perchè – ahinoi – l’Irlanda del Nord fa cagare) ma da profondi sentimenti politici e religiosi. Sabato, nel match contro il Bolton, ha rifiutato di indossare il papavero sulla maglia, come già aveva fatto ai tempi del Sunderland. 30 Gennaio 1972. A Derry, marcia di indipendentisti. Il Primo Battaglione dei paracadutisti di Sua Maestà ha la non felice idea di aprire il fuoco sulla folla (e, pochi mesi dopo, il Capitano Derek Wilford venne premiato con l’Order of the British Empire dalla Regina Elisabetta): 13 morti. Sunday Bloody Sunday, canteranno gli irlandesi U2 ricordando quella Domenica destinata a segnare la storia. Per la città di Derry e per la sua forte comunità cattolico-indipendentista, una ferita che non si ricucirà probabilmente mai (rimanendo in ambito calcistico, basterà ricordare che la squadra locale, il Derry City, gioca nel campionato irlandese), nonostante ultimamente le cose siano migliorate e ci si dia la mano più spesso che in precedenza.

Tutti questi motivi sono alla base della scelta di McClean, che ha pure scritto una lettera al suo presidente Whelan per motivare la sua scelta, semmai ce ne fosse stato bisogno, e per ribadire che lui rispetta i caduti, solo non se la sente di fare un gesto contrario ai suoi sentimenti e a quelli della sua comunità (“Please understand, Mr Whelan, that when you come from Creggan like myself or the Bogside, Brandywell or the majority of places in Derry, every person still lives in the shadow of one of the darkest days in Ireland’s history”). Più o meno contestualmente, l’opinione pubblica inglese si è scagliata contro McClean, ricordandogli più o meno esplicitamente che, gli piaccia o meno, lui è un cittadino britannico, e un britannico ha il dovere di ricordare i propri caduti. Per non parlare delle minacce di morte.

Ho letto la lettera di McClean, e la trovo perfettamente condivisibile. Non ho particolari simpatie per la causa dell’unificazione irlandese, anzi sono un convinto sostenitore del Regno Unito, per quanto possa esserlo un italiano. Ma la scelta di difendere le proprie idee anche a costo di gesti impopolari è quantomeno da rispettare. La Premier è popolata da giocatori stranieri che nemmeno sanno cosa significhi il papavero sulla maglia, se Dio vuole c’è chi lo sa e, con la propria coscienza, decide in tutta libertà. La parola chiave, qui, è proprio questa: libertà. Un’altra cosa che apprezzo del Regno Unito, i cui soldati son caduti anche per difendere la libertà di ognuno di noi, la libertà di manifestare il proprio pensiero senza paura di ritorsioni in un Mondo che, per un certo periodo del Novecento, ha messo in discussione tutto ciò. Credo che James McClean, con il suo gesto contro tutto e tutti (sarebbe stato semplice mettere una maglietta col papavero, come si indossa qualsiasi sponsor al giorno d’oggi senza batter ciglio) ma fedele alla propria coscienza (e rispettoso della legge), abbia semplicemente usufruito di una grande conquista di tutti noi, una conquista che in passato ha richiesto anche di essere difesa con il sangue di chi, oggi, viene commemorato per questo: la libertà. E proprio per questo, alla fine è risultato essere più rispettoso seguendo la propria coscienza.

Around the football grounds – A trip to Manchester (blue side)

Riprendiamo il nostro pellegrinaggio nelle terre inglesi cambiando completamente zona rispetto all’ultima puntata. Il nostro obiettivo sta nel nord-ovest inglese ed è una delle città più popolose e globalizzate dell’intera nazione. Facile intuire che si tratti di Manchester con tutto il suo enorme conglomerato urbano, la Greater Manchester, che già parzialmente avevamo toccato parlando di Springfield Park e del JJB Stadium, le case più famose del Wigan Athletic. Stavolta rimaniamo in città, dove gli oltre 500mila abitanti si dividono, per quanto riguarda il tifo, tra i rossi e i blu, tra lo United ed il City. E la prima tappa si focalizzerà sul club più “giovane” tra i due, fondato nel 1880: il Manchester City, salito alla ribalta delle cronache negli ultimi anni per l’arrivo di una presidenza multimilionaria, per le campagne acquisti faraoniche e per aver vinto uno dei campionati più incredibili della storia inglese, il più bello dal famoso gol di Thomas che diede il titolo ai Gunners nel leggendario Liverpool-Arsenal tramandato in tutto il mondo grazie a Nick Hornby ed al suo libro (un must per gli appassionati di calcio inglese).

Panoramica di Manchester

LA STORIA

Come per molte altre squadre inglesi, lungo la sua storia il City ha avuto uno stadio che è diventato leggenda, che immediatamente veniva associato al nome della squadra, come capitava per il Sunderland con Roker Park o il Southampton con il “The Dell” o l’Arsenal con Highbury. Tuttavia l’impianto che nel linguaggio comune viene definito “storico”, non è stato l’unico, anzi.

Ai tempi della fondazione, nel lontanissimo 1880, il club non si chiamava nemmeno Manchester City, bensì St. Mark’s (West Gorton), dal nome della chiesa e del quartiere, nel sud-est della città dove nacque la squadra. Inizialmente il motivo della fondazione era quello di costituire un centro di aggregazione giovanile con il fiorente calcio come pretesto, salvo poi evolvere in un vero e proprio club sportivo. La prima partita registrata negli annali (anche se non con certezza) fu giocata il 13 novembre 1880 e il campo scelto era nei pressi di Clowes Street, dintorni della chiesa di St. Mark’s. L’ubicazione esatta non la si conosce a tutt’oggi, di certo si sa che si trattava di un’area abbandonata, utilizzata anche dall’omonima squadra di Cricket; le più accurate ricerche fanno presumere che ci si trovasse a nord della chiesa, in quella che attualmente è Wenlock Way. L’esordio, disputato contro i rappresentanti della Chiesa Battista di Macclesfield, vide il West Gorton soccombere 2-1 e, purtroppo, non abbiamo alcun dato in merito al pubblico presente, ma solo qualche curiosità sul match. Ad esempio il numero di calciatori in campo, 12 per parte, con un tredicesimo giocatore a far da arbitro (1 rappresentante per team ed ognuno occupava 1 metacampo alzando una bandierina qualora vedesse un’irregolarità o si trovasse d’accordo con le proteste dei giocatori. Stava poi al capoarbitro sulla linea laterale la decisione di fischiare o meno) oppure le porte, realizzate con pali di legno e nastro adesivo tra gli estremi a fare da traversa. La prima stagione andò in archivio con altre otto partite disputate a Clowes Street e di queste, solo l’ultima fu vinta contro lo Stalybridge Clarence. Anche qui non poteva esserci qualche particolarità: gli avversari infatti arrivarono al match con solo 8 uomini a disposizione, gli altri tre…furono reclutati direttamente tra gli spettatori. La magia del football…altri tempi.

La St. Mark’s Church, dove nacque tutto

Nonostante gli scarsi risultati sul campo, le intenzioni del club si fecero serie a metà del 1881, quando i dirigenti si resero conto che il terreno di Clowes Street, oltre ad essere pericoloso per l’incolumità dei calciatori, non avrebbe permesso un serio sviluppo come stadio di calcio. La ricerca non fu lunga e ad essere scelto fu il campo da gioco del Kirkmanshulme Cricket Club, situato a sud della Hyde Road (una delle principali arterie della città) nei pressi della Redgate Lane, dei giardini zoologici Belle Vue e dell’abitazione di Edward Kitchen, giocatore chiave del club nonchè membro della dirigenza. Anche qui le informazioni sono frammentarie, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture, minime, ma presenti (si parla soprattutto di un tendone ad uno degli angoli del campo; sicuramente non vi erano stands). La partita più importante dell’anno fu disputata contro il Newton Heath, in una rivalità che successivamente diverrà storia: il Newton Heath altro non è che l’originario Manchester United e quindi questo fu il primo derby casalingo per il City, che si concluse la vittoria del St. Mark’s per 2-1 davanti a ben 5mila spettatori, un numero incredibile per l’epoca a Manchester. Durante l’annata furono disputati qui cinque dei dodici match stagionali, ma furono sufficienti per far sì che il club di cricket, proprietario del terreno, chiedesse al football team di traslocare. Il motivo? Quello di aver rovinato il campo, non più consono ai perfetti standard dei gentlemen del cricket (un termine utilizzato dal club di cricket per sottolineare la differenza tra loro ed il calcio): i documenti riportano che fu soprattutto il derby, nonchè ultima partita stagionale, ad aver contribuito all’aut-aut, dato che gli spettatori si assieparono in ogni dove possibile. Le voci “fuori dal coro” trovarono nella sempre crescente popolarità del football a discapito del cricket il vero motivo dell’ultimatum; voci che sembrano trovare conferma guardando all’immediato futuro dei due club, con la sparizione del team di cricket non molto tempo dopo la separazione. L’area del terreno di gioco è ancora a tutt’oggi abbandonata.

Mappa disegnata dell’allora zona di Kirkmanshulme

Con l’inizio della stagione 1882-1883 arriva dunque la necessità di una nuova casa, che viene trovata nei dintorni di Clowes Street, a Queen’s Road, area che oggi dovrebbe (utilizziamo il condizionale perchè non vi è l’assoluta certezza) corrispondere al Gorton Park. All’epoca, comunque, l’area dove il St. Mark’s giocò era nota come Clemington Park o Clemington Downs e lo stato del terreno non era molto diverso da quello di Clowes Street, sostanzialmente un campo di patate. Anche qui la storia è abbastanza nebulosa, si sa che la prima partita ufficiale fu giocata il 28 ottobre 1882 contro Bentfield, che, quasi da tradizione, si chiuse con una sconfitta dei padroni di casa. E, come capitava spesso in quegli anni, entrambe le squadre non raggiunsero gli 11 uomini in campo. Furono giocate circa 10 partite nella prima stagione ed altrettante nella seconda, che fu un momento particolare perchè solo per quell’anno il club si fuse con il Belle Vue Rangers F.C. assumendo la denominazione di West Gorton Association Football Club. A fine anno, nonostante una buona serie di successi, non solo avvenne lo split dei due club, ma anche l’ennesimo trasloco con il Gorton Association Football Club (la nuova denominazione assunta dai vecchi giocatori del St. Mark) costretto ad andar via dal campo, che rimase al neonato West Gorton Athletic F.C; fu una corsa contro il tempo, in quanto lo split arrivò improvvisamente, e grazie a Lawrence Furniss, giocatore del club, fu trovata la soluzione. Egli infatti trovò un terreno utilizzabile a Pink Bank Lane ed il club riuscì a negoziarne l’affitto per 6 sterline l’anno (grazie soprattutto al segretario Edward Kitchen). Per quanto non attrezzato, Pink Bank Lane era comunque nella media rispetto agli “stadi” delle squadre avversarie; inoltre si trovava nelle vicinanze del vecchio campo da cricket utilizzato dalla squadra, non uscendo quindi dalla zona dove il club stava facendo presa sulla gente. Praticamente nulle le testimonianze sulle caratteristiche del campo, si sa solamente che la prima partita fu disputata dalle riserve, il cosiddetto 2nd team, mentre la prima squadra lo inaugurò la settimana successiva contro i rivali del Gorton Villa FC, vincendo 3-0. Anche qui la permanenza durò pochissimo, solamente una stagione visto che per la stagione 1885-1886 Pink Bank Lane fu dichiarato non disponibile per il football, lasciando ancora una volta il club a piedi. A risarcimento furono date indietro 2 delle 6 sterline depositate, senza tuttavia cambiare la sostanza. Sulle ceneri di Pink Bank Lane oggi abbiamo da una parte il Belle Vue Athletic Centre utilizzato per i giochi del Commonwealth, dall’altro un piccolo stadio polifunzionale.

Mappa della zona di Bellevue nel 1931

La ricerca, quasi rassegnata, di una nuova base portò il club fuori dalla zona di origine, a Reddish Lane, più di 2 miglia da Clowes Street. Questa volta però il terreno offriva del potenziale: i proprietari infatti erano i gestori del Bull’s Head Hotel adiacente, che per una cifra di poco superiore alle 6 sterline annue diedero in affitto sia il terreno, sia i locali dell’albergo come spogliatoi al club. In più venne messo in piedi un rudimentale bar, aumentando le rendite per entrambi. La prima partita venne giocata il 3 ottobre 1885 contro Earlstown e terminò con un pareggio 1-1; su questo campo il West Gorton mosse i primi passi nel football che contava ma dopo soli 2 anni arrivò un nuovo divorzio. Alla base, come spesso capita, motivi economici: nonostante la “lontananza” dalla sede di nascita, gli spettatori erano in forte aumento e i proprietari del Reddish Lane Ground tentarono di aumentare il costo dell’affitto per aumentare i profitti. Di fronte al rifiuto del West Gorton, le trattative si interruppero e il club fu nuovamente costretto ad emigrare, trovando finalmente una soluzione stabile: Hyde Road.

Scorcio dell’attuale zona dove sorgeva Reddish Lane

Fu il capitano della squadra, Kenneth McKenzie, a dare il là per il trasferimento segnalando l’esistenza di un’area “abbandonata” adiacente ad un viadotto ferroviario sulla linea Manchester-Crewe, nei pressi di Hyde Road ad Ardwick, un miglio ad est dal centro città. Il suggerimento piacque molto ai vertici del club, soprattutto perchè si trovava molto vicino alla zona di nascita spirituale del club, la St. Mark’s Church: si mosse quindi Lawrence Furniss, che nel frattempo da giocatore era diventato segretario del club, per andare a scoprire chi fossero i proprietari del terreno. Appurato che il padrone di casa era la Compagnia Ferroviaria di Manchester, Sheffield e Lancashire, partirono le trattative che si chiusero rapidamente con esito positivo grazie anche all’apporto del giocatore Walter Chew: fu raggiunto un accordo di 7 mesi per 10 sterline, con la clausola che il club cambiasse nome in Ardwick F.C. Passo successivo fu quello di rendere l’area adatta al calcio. Le premesse non erano certo delle migliori: le condizioni generali del terreno erano pessime, senza contare le ridotte dimensioni dovute non solo alla presenza del viadotto ferroviario, ma anche di un quartiere residenziale all’estremo sud su Bennett Street e della Galloway’s Boiler Works sul lato est; lo spazio per gli spogliatoi non esisteva e per questa funzione fu scelto il vicino Hyde Road Hotel, anche se per arrivarci bisognava attraversare un umido sottopasso. Tuttavia la caratteristica più incredibile era la presenza di un distaccamento della linea ferroviaria che andava a lambire direttamente il terreno per entrare nello stabilimento Galloway.

Parte del contratto per Hyde Road, con la planimetria della zona

I primi lavori furono i più complessi, dedicati al livellamento del suolo per riuscire a realizzare un campo dove si potesse giocare a calcio: in poche settimane si raggiunse il traguardo e per l’agosto del 1887 il club ebbe la sua nuova casa. Il cambio nome fu ratificato il 23 agosto mentre la prima riunione ufficiale avvenne all’Hyde Road Hotel, che divenne anche la nuova sede, 7 giorni più tardi. Lo stadio era decisamente basilare in quanto a facilities, ma questo non fermò i dirigenti dell’Ardwick che si impegnarono tanto quanto i giocatori in campo per migliorare le cose. Nell’anno successivo, il 1888, fu costruita la prima vera stand dell’impianto, capace di contenere 1000 persone sedute e realizzata grazie al contributo del birrificio Chesters, in cambio dei diritti esclusivi di vendita degli alcolici durante le partite. Questa opera fu seguita poco dopo dalla costruzione di una seconda stand, sempre grazie ai medesimi benefattori e ogni anno vennero fatti piccoli miglioramenti per cercare non solo di rendere confortevole la visione del match agli spettatori, ma anche di dare credibilità e visibilità al club.

Sulla sinistra, l’ingresso al campo

Il 1892 fu un anno fondamentale nella storia non solo del City, ma anche del calcio inglese: fu formata la Second Division, a cui l’allora City fu ammesso (salvo poi scoprire che i rivali cittadini del Newton Heath, a.k.a. Manchester United, erano stati ammessi di diritto alla First Division). Dopo due anni l’Ardwick cadde in disgrazia, ma i dirigenti strinsero i denti e determinati iniziarono a ristrutturare il club, creando il Manchester City e proseguendo nell’intento di trasformare Hyde Road in uno stadio di prim’ordine. A supportarli nel loro lavoro l’entusiasmo enorme attorno al football nella città di Manchester, con un pubblico sempre calorosissimo e numerosissimo. Nel 1896 furono realizzati gli spogliatoi e due anni più tardi fu aggiunta una terza stand (in precedenza la main stand, originaria del 1888, era stata ristrutturata ed ampliata); ulteriori lavori furono fatti nel 1904, portando la capienza totale a 40.000 spettatori. Siamo nel periodo di massimo splendore dell’impianto, che l’anno successivo ospitò alcuni importanti match di inter-league tra i migliori del campionato inglese ed i migliori di quello irlandese nonchè una semifinale di FA Cup, quella tra il Newcastle ed il The Wednesday (l’allora Sheffield Wednesday).

Boxing day, 1898

Non era tutto ora quel che luccicava: con la diffusione della stampa, iniziarono a circolare anche le opinioni della gente, che non erano del tutto soddisfatte dello stadio: stretto, disagevole, piccolo, un incubo quando piove erano solo alcune delle espressioni usate per descriverlo, senza contare la difficoltà di accesso, dovuta alla scarsa presenza dei turnstiles, quando c’era il pubblico delle grandi occasioni. Questo tuttavia non fermò il club, che nel 1910 (in risposta alla crescita dei rivali cittadini) diede il tocco finale ad Hyde Road, realizzando la copertura di tutte e 3 le stand non coperte (allora era coperta solo la main stand), garantendo di restare protetti dalle intemperie a ben 35mila spettatori e, soprattutto, realizzando uno stadio coperto sui 4 lati nel 1910, un cosa impensabile addirittura nel 2014 per altri paesi (chi ha detto Italia?).

La Main Stand nel 1905

Ecco allora che possiamo avere un’idea più completa dell’impianto nella sua interezza: sul lato nord si trovava la main Stand, costituita da un upper-tier completamente formato da posti a sedere e da un paddock inferiore, dedicato ai posti in piedi. Non esistono dati precisi sulla capacità reale della stand, quello che sappiamo è che fu costruita secondo gli standard dell’epoca, con i classici pali a sostenere la copertura e la relativa visione limitata; la end adiacente sul lato nord-est fu chiamata Galloway’s End, divisa in due dalla linea ferroviaria per la fabbrica prima citata con la struttura più piccola, situata dietro i binari, conosciuta come la “Boys Stand”. La End opposta era la Stone Yard Stand (formata da un mix tra posti in piedi ed a sedere), interamente coperta con una struttura particolare, formata da numerosi tetti triangolari quasi a delimitare delle case, in maniera molto simile al quartiere residenziale retrostante.

La Stoneyard Stand, 1910

L’ultima stand, opposta alla main, era il “The Popular Side”, dotata solamente di posti in piedi e coperta per 3/4 in maniera molto simile alla Stone Yard Stand; nell’angolo che questa formava con la Galloway End vi erano dietro le case di Bennett Street e, onde evitare spettatori “abusivi”, il club fece erigere delle barriere di legno per oscurare la vista diretta sul campo. L’avanguardia rispetto ai tempi tuttavia non servì a mascherare le falle ed i limiti di Hyde Road: nel 1913 una gara di coppa con il Sunderland dovette essere sospesa per l’eccessivo numero di spettatori che ebbe accesso all’impianto, tanto che fino al momento dell’interruzione vi erano persone almeno 3-4 yard all’interno del terreno di gioco (senza contare i numerosi problemi su Bennett Street, unica via di ingresso). Questo fruttò al City una multa salata e si iniziò a parlare di come controllare gli afflussi allo stadio per evitare ulteriori problemi di questo tipo (tra le proposte vi fu quella di utilizzare la polizia a cavallo sulle linee laterali, proposta accantonata di fronte al pericolo di una pallonata sul cavallo con successiva arrabbiatura di quest’ultimo); ad Hyde Road però non vi erano soluzioni perchè tutto lo spazio disponibile era ormai stato sfruttato. L’arrivo della Grande Guerra non diede il tempo per pensare a come risolvere il dilemma e a quel tempo lo stadio divenne una sorta di enorme stalla con ben 300 cavalli al suo interno; prima della ripresa dello sport il club divenne inoltre unico proprietario del terreno, senza quindi il supporto del birrificio Chester.

Popular side, 1913

Il 1920 fu un anno fondamentale nella storia di Hyde Road: a marzo fu il primo stadio extra-Londra ad essere visitato dal Re, Giorgio V, che fu fatto accomodare nella Main Stand per assistere a Manchester City-Liverpool ed a novembre, quando iniziavano a circolare i primi rumors di un possibile spostamento del club, la stessa Main Stand andò a fuoco per colpa di un mozzicone di sigaretta, portando con sè tutta la documentazione del club e la vita del povero cane da guardia Nell. L’episodio fece esplodere del tutto i rumors riguardanti il cambio di casa, una soluzione che pareva ormai imminente: l’idea più realistica era quella di una condivisione di Old Trafford, l’impianto dei rivali cittadini del Manchester United, ma non se ne fece nulla perchè le condizioni poste dallo United furono giudicate eccessive. L’altro club di Manchester pretendeva che il City mantenesse in ogni partita l’incasso realizzato la stagione precedente nel medesimo match, mettendo a bilancio tutta la quota che eccedeva tale cifra: questa mancanza di signorilità pose ulteriormente le basi per la rivalità cittadina e spinse il City a sistemare in qualche modo Hyde Road, per poter continuare ad utilizzarlo.

Le tristi immagini del post-incendio

Definire “in qualche modo” comunque è difficile perchè il City fece un gran lavoro, realizzando una nuova main stand di 25 file, sistemando i terrace e realizzando addirittura nuovi spogliatoi per le squadre. Era comunque chiaro che i giorni dello stadio stavano giungendo al termine: scartata l’ipotesi di Belle Vue, l’interesse del club si spostò nella zona di Moss Side e il 9 maggio 1922 fu fatto l’annunciò che lì sarebbe nato il nuovo impianto, con l’apertura fissata per la stagione 1923-24. L’addio ad Hyde Road fu dato con un’amichevole il 18 agosto 1923, dopodichè venne pian piano smantellato fino a non far rimanere nessuna traccia della sua esistenza. Tuttavia la nuova Main Stand, con la copertura ed alcuni tornelli, venne venduta all’Halifax Town, dove, seppur risistemata, fa ancora bella mostra di sè al The Shay; inoltre furono ritrovate negli anni 90, ad una svendita di tetti, le coperture originali delle stand di Hyde Road. La terra comunque non fu abbandonata: fino agli anni 50 fu usata come deposito per la società di tram della città, successivamente come deposito di pullman e zona per imparare a guidarli; dal 2000 l’area è diventata la zona di raccolta delle merci per i Commonwealth Games. E un cenno merita anche lo storico Hyde Road Hotel, mantenuto in attività sino al 1989 prima di essere abbandonato e demolito circa 10 anni più tardi; tuttavia la sua memoria resta in vita grazie a due chiavi di volta inserite nel memorial garden dell’attuale impianto del City.

Sullo sfondo si intravede Hyde Road prima dell’abbandono

Come detto, l’annuncio dello spostamento ufficiale arrivò il 9 maggio 1922 dopo l’accantonamento dell’ipotesi Bellevue principalmente per 2 motivi: in primo luogo la presenza di un terreno non troppo spazioso, che di conseguenza avrebbe impedito al grande progetto del City di prendere forma; in secondo luogo la durata per 50 anni della concessione del terreno, giudicata troppo breve dal club. La scelta non fece tutti felici: John Ayron, membro del Board, si dimise per andare a formare il Manchester Central F.C. proprio a Bellevue ed anche i tifosi storsero il naso giudicando lo spostamento troppo a sud all’interno della città (siamo a sole 3 miglia da Old Trafford), peraltro in una zona già densamente popolata. Questo tuttavia non fu altro che un vantaggio, in più la zona era di facilissimo accesso da tutte le parti della città ed il costo era irrisorio date le notevoli dimensioni (16.25 acri) dell’area, solamente 5.550 sterline. La progettazione e la costruzione furono affidate alla ditta di Sir Robert McAlpine, che a quel tempo si stava anche occupando di erigere Wembley. L’idea alla base fu quella di realizzare un Hampden Park (lo stadio dei Glasgow Rangers) inglese in due fasi: la prima consistente nel costruire un impianto da 85mila persone, con una enorme Main Stand ed il resto dedicato ai terrace; la seconda nell’ampliamento della capienza a 120 mila posti tutti coperti. Dalla posa della prima pietra ci vollero 300 giorni prima di dichiarare finiti i lavori, che procedettero senza intoppi se non col dubbio che il sito fosse maledetto perchè anni prima da lì erano stati espulsi dei “Gipsy”, viaggiatori itineranti di origine irlandese (la maledizione fu tolta con una cerimonia ufficiale il 28 dicembre 1998!). Al momento dell’inaugurazione quindi avevamo una single-tier stand coperta capace di ospitare 10mila spettatori con terrace sugli altri 3 lati; tutti le sezioni erano connesse tra loro, non vi erano quindi angoli aperti. L’aspetto globale ricordava molto il vicino Old Trafford, anche se qui la capacità potenziale era molto più elevata, stimata in 80-90mila persone e le facilities per gli spettatori, soprattutto per quanto riguardava l’accesso all’impianto, erano, per l’epoca, seconde solo a quelle di Wembley, con dei tunnel sui 4 corner ed anche sul Kippax Street Terrace (lato est dello stadio).

Una delle primissime immagini di Maine Road

L’inaugurazione ufficiale, con match, taglio del nastro e discorso inaugurale (effettuati dal sindaco, Lord W. Cundiffe), avvenne solamente 1 settimana dopo l’ultima partita ad Hyde Road, il 25 agosto 1923; ospite lo Sheffield United, per una partita valida per la First Division. Per l’evento 60mila persone affollarono gli spalti e i commenti si focalizzarono non tanto sulla partita, vinta peraltro dal City 2-1, quanto sullo stadio stesso. Il Manchester Guardian, nell’edizione del giorno successivo, riassunse tutti i commenti del pubblico, giudicando in molto molto favorevole l’impianto in Moss Side, descrivendolo come imponente, intimidante, moderno e, soprattutto, comodo per gli spettatori, con visibilità e possibilità di sentire le loro urla in campo incredibili. Si racconta anche che dopo il fischio finale molti spettatori nella Main Stand rimasero lì solo per ammirare il lavoro fatto dai costruttori con gli accessi e le indicazioni per gli spettatori per arrivare facilmente al loro posto a sedere (sì, già nel 1923 i posti erano numerati!). Nel giorno dell’apertura fu inoltre deciso il nome dello stadio, che tutti voi conoscete, nonostante molti sentissero la necessità di dedicarlo a Mr. Furniss, il principale fautore dello spostamento del club che tuttavia decise che non era giusto intitolare il tutto ad un membro vivente del City e che il nome fosse proprio quello di Maine Road, dalla strada che costeggiava la tribuna sul lato ovest. Maine Road non ci mise molto a mostrare il suo potenziale: l’8 marzo 1924, nel corso della prima stagione, 76.166 persone lo affollarono per una partita di coppa contro il Cardiffl, allora record di ogni epoca per la città di Manchester; la media stagionale fu superiore ai 37mila spettatori. Nonostante il successo di pubblico, emersero le prime magagne sottoforma di problemi di sicurezza e di terreno di gioco. Per quanto riguarda la sicurezza, nel gennaio 1926 crollò una delle barriere protettive durante una partita di FA Cup (contro l’Huddersfield) causando diversi feriti, alcuni anche in maniera molto seria; il campo invece fu criticato a più riprese, soprattutto per i problemi di drenaggio che lo rendevano spesso assimilabile ad una palude. Questi problemi convinsero la FA a non scegliere Maine Road per le finali di coppa (solamente una semifinale fu giocata qui in questi anni); in più arrivarono anche critiche per la presenza della copertura solamente sulla Grand Stand. Il City non fu sordo alle critiche e studiò un piano in diverse fasi per ampliare le tre stand scoperte e coprirle. La prima fase consisteva nell’ampliamento e nella copertura di Platt Lane (una delle due end), la seconda l’estensione del tetto della Main Stand a coprire anche l’altra end (la Scoreboard End) e l’ultima l’estensione della Popular side, opposta alla tribuna principale.

La Main Stand nel 1930

La prima fase fu completata in due tempi: nel 1931 fu realizzato il Platt Lane corner grazie a nuovi posti a sedere realizzati tra la Main Stand e la end, che furono pure coperti; successivamente, nel 1935, tutta la End vide i suoi posti messi al riparo dalle intemperie. Nel mentre, il 3 marzo 1934, Maine Road raggiunse l’afflusso più alto in Inghilterra, escluse le finali di coppa, quando 84.569 persone riempirono le tribune almeno un’ora prima dell’inizio del match, costringendo il City a chiudere l’accesso allo stadio per capacità massima raggiunta (nonostante fosse dichiarato che l’impianto potesse ospitare 86mila spettatori). A complicare i piani di grandeur del club arrivarono la retrocessione nel 1938 e, come tutti saprete, lo scoppiare della seconda guerra mondiale nel 1939. I progetti di espansione e riqualificazione dell’impianto furono accantonati, ma Maine Road rimase sulle bocche di tutti, anche perchè nell’immediato dopoguerra anche lo United fu ospitato qui a causa dei danni subiti nei bombardamenti da Old Trafford. Grandi affluenze ricompensarono la scelta del City di “invitare” i cugini (che pagavano circa 5 mila sterline l’anno e una percentuale degli incassi), in più arrivò anche la nazionale con gli scontri contro Galles e Scozia (quest’ultimo un’amichevole di beneficenza per aiutare le vittime del disastro di Bolton, una delle grandi tragedie del calcio inglese che tratteremo quando arriveremo a parlare dei Wanderers) e proseguì la tradizione del Rugby, che disputò qui diverse finali a partire dal 1938. Da citare sicuramente le 83.260 persone che affollarono Maine Road nello scontro di campionato tra United e Arsenal.

Scorcio di Maine Road nel 1950

Nonostante i guadagni, il club chiese allo United di andarsene alla fine del 1948 (anno in cui lo stadio fu utilizzato nel film “Cup-tie Honeymoon”) e senza i proventi dell’altra squadra, precipitarono i guadagni; le cose andarono male anche sul campo, con la retrocessione nel 1950. Tuttavia qualche miglioramento all’impianto fu apportato, in particolare con l’aggiunta dei posti a sedere proprio al di sotto della copertura della Platt Lane, portando il totale dei posti seduti a 18.500, record in Inghilterra all’eoca. Sempre all’inizio degli anni 50 vennero installati i riflettori, inaugurati nel 1953 con un’amichevole contro gli Hearts. Con la nascita delle coppe Europee e Old Trafford non ancora pronto per le midweek in notturna, lo United chiese ancora asilo per la sua prima partecipazione alla Coppa Campioni. Furono 3 le gare giocate a Maine Road nella stagione 1956-57, e tra queste spicca il 10-0 contro l’Anderlecht nel turno preliminare. L’anno successivo, in seguito alla vittoria della FA Cup da parte del club, fu sistemata la Popular Side con la realizzazione della copertura, un aumento dei posti ed il campio nome in Kippax Street Stand: a questo punto Maine Road era composto da 3 stand coperte, con solo la Scoreboard End completamente scoperta, in maniera molto simile all’altro impianto cittadino. Negli anni ’60 continuarono i piccoli miglioramenti, con l’aggiunta di nuove file di posti a sedere sulla Platt Lane (1963), la sostituzione dei riflettori con delle vere e proprie torri visibili a miglia di distanza (1964, con i vecchi riflettori venduti al Leamington, team di non-league) e il parziale rinnovamento del tetto della Main Stand (1967, fu sostituita la parte centrale con una struttura in grado di non ostruire la vista dai posti migliori).

Altro meraviglioso scorcio di Maine Road negli anni 50

L’inizio dei seventies portò una prima rivoluzione a Maine Road: nel 1971 fu demolita la Scoreboard End per realizzare un nuovo terrace da 20.000 posti, la North Stand. Il terrace però durò solamente lo spazio di un anno, prontamente rimpiazzato da una classica single tier stand da 8.100 posti completamente a sedere. Il motivo di tale trasformazione non fu mai completamente reso noto ed anzi, un nuovo piano ancor più folle fu realizzato: la demolizione della Kippax Stand per rimpiazzarla con un’incredibile struttura che avrebbe permesso ai guidatori di salire sul suo tetto ed assistere da lì alla partita, come se ci si trovasse al drive-in. Per quanto pazzesco ed anti-calcistico, il progetto avrebbe risolto due annosi problemi dello stadio, cioè la mancanza di parcheggi e la mancanza di confort nella Kippax Street. Fortunatamente l’avvento di Peter Swales alla presidenza nel 1973 fermò tutto; purtroppo però questo avvicendamento stoppò anche qualsiasi ulteriore proposito di miglioramento: fino al 1981 infatti furono apportati solamente piccoli accorgimenti per favorire la sicurezza del pubblico e nulla più.

Maine Road, anni 60

Nel 1981 fu annunciato un nuovo progetto per migliorare l’impianto, partendo dal presupposto che il tetto della Main Stand stava letteralmente cadendo a pezzi. Fu realizzata una copertura unica nel suo genere, completamente avulsa dal contesto dello stadio e fatta per coprire solamente la parte centrale della Stand. Due enormi pilastri sostenevano una struttura simile ad una porta di calcio sopra alla quale trovavano posto 16 strutture in plastica e vetro lunghe 45 metri ciascuna. Funzionalità e bellezza non erano proprio le parole ideali per descriverla, ma sicuramente fu un segno distintivo. La seconda e terza fase della riqualificazione, che avrebbero visto il rifacimento della Kippax Stand e della Platt Lane Stand, furono ancora una volta fermati dalla retrocessione del 1983. Di conseguenza il resto degli anni ’80 vide solamente la sostituzione dei posti a sedere della Main Stand, l’ampliamento delle recinzioni che dividevano campo e spettatori e la realizzazione di un nuovo scoreboard all’angolo tra la Kippax Street e la Platt Lane Stand. Da citare però la finale di League Cup del 1984, ospitata proprio a Maine Road: in realtà si trattò del replay della finale e a contendersela in campo c’erano le due squadre di Liverpool, Liverpool ed Everton.

Anni 80, con gli inconfondibili riflettori

Tutti i lavori fatti nel corso degli anni ridussero la capacità di Maine Road a 51.993 spettatori, la quarta d’Inghilterra, all’alba del Taylor report, che portò gran parte dei club ad inventarsi piani di ristrutturazione completa dei propri stadi. Tutti…ma non il City che decise di non pensare a qualcosa a lungo termine ma di seguire attentamente gli eventi. Lo stallo durò fino al 1992 (se si eccetua, l’anno precedente, la sostituzione dei seggiolini della North Stand, costata 500 mila sterline), quando fu demolita l’antiquata Platt Lane Stand (ormai divenuta un’avventura per tutti i tifosi ospiti). Al suo posto fu costruita la Umbro Stand, che, a sopresa poteva ospitare solamente 5.000 persone: il motivo fu la presenza di ben 48 boxes che limitarono notevolmente la possibilità di mettere più posti a sedere. L’apertura fu fatta nel marzo del 1993 e creò subito enormi problemi quando, nella prima partita della sua esistenza, un centinaio di fans del City piombarono in campo (non vi erano recinzioni) per cercare di andare ad assaltare i tifosi avversari (gli Spurs), che a loro volta saltarono sul terreno di gioco a cercare il contatto. L’episodio, che non portò a serie conseguenze fisiche, creò molto scompiglio nell’opinione pubblica visto che si era nei primi anni del no-fence period. Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’opinione pubblica uscì con la convinzione che la strada intrapresa fosse giusta e che a pagare non dovessero essere gli altri spettatori, ma solo chi aveva creato i problemi. Fu così che tutti i responsabili furono arrestati e banditi dalle partite di calcio mentre il resto del paese proseguiva sulla via della rimozione delle barriere e nella fiducia ai tifosi.

La Main Stand dall’esterno, metà anni 80

La nuova stand (che nel 1997 riprese il nome di Platt Lane Stand) costò al club circa 5-6 milioni di sterline, lasciando le finanze quasi al collasso. Fu la goccia che fece traboccare il vaso per gli oppositori del presidente Swales, che vinsero una battaglia lunga sei mesi al termine della quale fu designato presidente l’ex giocatore Francis Lee. L’insediamento avvenne nel gennaio 1994 e la deadline per l’all-seater era ad agosto dello stesso anno: tempi stretti, che il nuovo presidente prese di petto prendendo immediamente in mano i progetti elaborati sin’ora per il rifacimento della Kippax Stand.

Panoramica ad inizio anni 90

Il disegno di una two-tier stand non lo soddisfava, sia per la capienza, sia per la scarsa possibilità di avere aree hospitality e di conseguenza chiese una proroga alla deadline. Ricevuta risposta negativa, fu elaborato un nuovo progetto a tempo record e il 30 aprile 1994, nella partita contro il Chelsea, fu dato l’addio alla precedente Stand, un addio sentito, ma oscurato a livello nazionale dall’ultimo giorno della vecchia Kop. In realtà pochi ne sentiranno la mancanza data la sua anzianità e scomodità: i corridoi bui, l’assenza di luce nelle zone più alte e le barriere protettive invadenti erano solo alcune delle grandi magagne di tale stand. Fu realizzata, in 18 mesi, un’enorme three tier stand in grado di ospitare 11.010 posti a sedere, inaugurata da Bert Trautmann, leggenda del club, nell’ottobre 1995. Il costo totale fu di 16 milioni, 4 volte di più di quanto servì a Lee per comprare il club!

Il Kippax terrace…

 

E la monumentale Kippax Stand

Il risultato fu una stand distintiva, che avrebbe dovuto far parte di un progetto più ampio per ristrutturare completamente Maine Road; tale proposito non si realizzò perchè vennero a mancare i risultati sul campo, col City che nella seconda metà degli anni 90 scivolò nei meandri delle leghe inferiori. La svolta tuttavia era nell’aria, perchè la città di Manchester era in fermento sportivo sin dagli anni 80, con l’idea di ospitare le Olimpiadi: furono fatti diversi tentativi infruttuosi (vedi il capitolo successivo per i dettagli), ma ogni candidatura portò con sè il progetto di un nuovo grande stadio Olimpico da riutilizzare successivamente. E quando alla città furono assegnati i giochi del Commonwealth del 2002, ogni minima idea di sistemare Maine Road andò per sempre in fumo. Prima dell’abbandono, fu aggiunta, nella stagione 1997/98, una temporary stand tra la Kippax e la North Stand; in più diversi posti a sedere temporanei furono inseriti nell’impianto ad ogni stagione, per cercare di soddisfare la richiesta enorme di biglietti, soprattutto dopo il ritorno dall’inferno.

Maine Road prima della chiusura

All’inizio degli anni 2000, al tramonto della sua vita, Maine Road si presentava come uno stadio del tutto particolare, con quattro stand (più 1 temporanea) tutte di altezza e dimensioni diverse, completamente disomogenee tra loro sia all’interno, sia all’esterno. La Main Stand, inaugurata nel 1923, risultò sempre incompleta perchè la particolare struttura interna di sostegno alla copertura avrebbe dovuto essere la base per la costruzione di executive boxes che non vennero mai costruiti, lasciando non solo visibile questo scheletro, ma anche portando alla chiusura di circa 500 posti per la quasi impossibilità a vedere la partita. La struttura è a single tier, con 8.122 posti totali ed i seggiolini dipinti in variet tonalità di blu; a metà si trovava il tunnel d’ingresso al campo,mentre nella sua pancia trovavano sede un ristorante e la reception per gli sponsor. All’esterno il club fece un lavoro per cercare di modernizzare la facciata, utilizzando pannelli blu a coprire la classica struttura inglese in mattoncini rossi. Direttamente collegata alla Main Stand, a sinistra,vi era la North Stand, semplice struttura a single-tier con 8.208 posti con i seggiolini uniformi e la scritta MCFC nella parte centrale. All’esterno la sua facciata moderna contrastava decisamente con quella della Main Stand, così come la copertura, totalmente diversa e più bassa dell’altra. L’end opposta era quella della Platt Lane Stand, altra single-tier collegata alla tribuna principale tramite un corner (dall’altra parte lo spazio vuoto fu riempito con dei posti temporanei). La capienza, come detto, era molto ridotta a causa della doppia fila di executive boxes presente; le descrizioni parlano comunque di una stand decisamente comoda nella sua mid-level concourse e pessima invece al ground level. L’esterno, ancora una volta, è completamente diverso dagli altri, con la struttura sorretta da colonne di mattoncini gialli e strutture in acciaio blu. Ed infine eccoci alla Kippax Stand, quella che tutti ricordano essendo completamente fuori contesto all’interno di Maine Road. Si tratta di una three-tier stand in grado di ospitare più di 11mila persone, corta in lunghezza rispetto al campo, ma enorme in altezza rispetto non solo all’impianto, ma anche al contesto cittadino di Moss Side. La lower-tier poteva ospitare 6.678 spettatori, i più esposti alle intemperie considerando che la copertura stava circa 30 metri più in alto; sul fondo della tier c’erano 34 boxes ognuno dotato di balconcini privati ed ingressi separati. I seggiolini, nei colori sociali del club, componevano la scritta Manchester City. La mid-tier, decisamente più ridotta in dimensioni, ospitava 3.236 spettatori mentre l’upper-tier, ripidissima e piccola (solamente 4 file di seggiolini più poco meno di 300 posti nelle zone ristorante) consentiva una splendida visuale panoramica su tutta la città, fino ad Old Trafford. La copertura prevedeva un sostegno esterno in acciaio blu rinforzato ai lati da enormi pannelli trasparenti quasi a chiudere la stand, rendendola ancor più a sè stante nella panoramica dello stadio. L’esterno invece, rispetto alla struttura interna particolare, appariva normalissimo, con l’azzurro ed il blu a dominare (ancora una volta colori completamente diversi rispetto alle altre stand). Infine il terreno di gioco, che da sempre ha avuto la particolare di essere uno dei più larghi di tutta la nazione.

Scorcio interno degli ultimi anni

L’addio a Maine Road si consumò nella stagione 2002-2003: l’ultima partita giocata fu l’11 maggio contro il Southampton, persa per 1-0 davanti a 34.957 spettatori, 100 in più rispetto alla capacità dichiarata dell’impianto, con i biglietti che arrivarono a costare ben 250 sterline; l’ultimo gol del City fu invece realizzato il 21 aprile contro il Sunderland da Marc Vivien Foè, che diventerà tristemente noto 45 giorni dopo, quando, durante una partita di Confederations Cup con il suo Camerun, la sua giovane vita finirà stroncata da un attacco cardiaco. Nonostante i numerosi tentativi di conservare lo stadio (a trasferirsi qui ci provarono lo Stockport Country prima e la squadra di rugby dei Sale Sharks poi), nel dicembre 2003 iniziò la triste opera di demolizione, che dopo 10 mesi di lavori consegnò il terreno ad una ditta edilizia per la costruzione di 474 case a riqualificare l’area. Permangono, a tutt’oggi, molti cimeli conservati nel nuovo stadio e, in quell’area un memoriale ed un’area circolare a simboleggiare il centrocampo. Sono in discussione inoltre ulteriori idee per rendere ancor più vivo il ricordo dell’impianto (si parla di dipingere di blu la Blue Moon Way, una delle vie del nuovo complesso), che fortunatamente è stato immortalato, per i fan più accaniti, nel film Jimmy Grimble, una classica storia per ragazzi con il mito del Manchester City e di Maine Road sullo sfondo. Altro video a memoria storica è quello del concerto degli Oasis (i cui fondatori della band sono tifosissimi della squadra) tenutosi proprio a Maine Road nel 1996 e culmine di una lunghissima serie di eventi musicali ospitati in questo leggendario impianto.

La triste immagine della demolizione di Maine Road

E uno scorcio di uno dei progetti per la zona dove sorgeva Maine Road: la Blue Moon way

L’IMPIANTO ATTUALE

Indipendentemente dal calcio, la città di Manchester già dalla fine degli anni 80 cercò salire alla ribalta nazionale ed internazionale progettando un nuovo stadio polifunzionale che avrebbe dovuto servire da traino per candidare la città ad ospitare i giochi Olimpici estivi. La prima idea fu quella di pensare a qualcosa per i Giochi Olimpici del 1992, ma la prima vera proposta concreta fu fatta per le Olimpiadi del 1996 con la costruzione di uno stadio da 80mila posti a Greenfield, area sottosviluppata ad ovest dal centro. Come sapete, fu Atlanta ad aggiudicarsi i Giochi, ma la cosa importante è l’idea che in caso di successo, il nuovo stadio sarebbe poi stato utilizzato dal Manchester City per non far andar sprecata l’opera. Il secondo tentativo fu fatto nel 1993, ad un anno dalla deadline per il Taylor Report, per le Olimpiadi del 2000: stavolta il piano cambiò e fu presentato un progetto di riqualificazione di un terreno poco distante dal centro (1.5 Km), in passato occupato dalla Bradford Colliery, una delle storiche miniere di carbone che tanto fecero da traino in passato allo sviluppo industriale di Manchester. Secondo tentativo e secondo fallimento, con l’organizzazione dei Giochi che prese la strada dell’Australia, ma il consiglio cittadino decise di non demordere e ci riprovò, stavolta abbassando l’asticella dell’obiettivo. Si puntò ai giochi del Commonwealth del 2002 con un progetto molto simile, differente principalmente per le dimensioni dell’impianto da costruire, sostanzialmente dimezzato in capienza. Finalmente la città vinse la sua battaglia ed ottenne di poter organizzare i giochi, che contribuirono alla rinascita della città dopo lo sventramento del suo centro cittadino nel tremendo attentato dell’IRA del 1996.

Il CoMS per i giochi del Commonwealth

Il City entrò in gioco sin dalle prime fasi del progetto, in quanto la città voleva a tutti i costi evitare di realizzare un “white elephant”, l’anglosassone per il nostro “cattedrale nel deserto” (come è invece successo per molti impianti realizzati in occasioni di manifestazioni sportive quali il San Nicola di Bari, il Delle Alpi, lo Stadio Olimpico di Pechino, alcune strutture di Torino 2006, etc…): la scelta fu motivata dal fatto che lo United aveva Old Trafford e non poteva essere decisamente interessato, mentre invece ben diversa era la situazione dei Citizens, alle prese con un Maine Road lontano dai giorni migliori nonostante il rinnovamento. Fu trovato l’accordo per la riqualificazione al termine dei giochi, con i costi divisi a metà tra città e club ed i lavori poterono così partire: la prima pietra fu posata simbolicamente nel dicembre 1999 dal premier Tony Blair ed i lavori veri e propri iniziarono a gennaio del 2000. A capo del progetto vi era l’Arup Associates (studio associato di architetti noto per diverse meraviglie mondiali, tra cui l’Opera House a Sidney e il Centre Pompidou a Parigi, con Renzo Piano tra i collaboratori; in campo sportivo dopo l’esperienza con Manchester troviamo la progettazione di alcuni tra gli impianti calcistici più belli degli ultimi anni quali l’Allianz Arena a Monaco e la Donbass Arena a Donetsk o, in campo Olimpico, il già citato Stadio Olimpico di Bejing, il Bird’s Nest) mentre dei lavori veri e propri se ne occupò la Laing Construction, già nota in campo sportivo per aver eretto il Millennium Stadium di Cardiff. 112 milioni di sterline fu il costo totale per la realizzazione, con 77 milioni forniti dalla nazione ed il resto dalla città di Manchester.

Altra panoramica dell’aspetto originale dell’impianto

L’inaugurazione dei giochi, il 25 luglio 2002, coincise con l’apertura ufficiale del City of Manchester Stadium (questo il nome scelto sin da subito dalla città, abbreviato in CoMS nei documenti ufficiali) che tuttavia non era completo: per permettere lo svolgimento dei Giochi gli architetti lasciarono sostanzialmente incompleta una End, la nord, che al posto di una tribuna regolare si vide occupata da stand provvisorie al fine di lasciare l’adeguato spazio per le gare di atletica. L’End opposta era costituita da una semplice single-tier stand mentre le due tribune opposte erano delle two-tier stand. Quello che rendeva particolare il tutto era la forma voluta dagli architetti, ispirata dal toroide, un anello ferromagnetico contenente un solenoide. L’obiettivo era quello di realizzare un ambiente raccolto, intimo, ma allo stesso tempo intimidatorio (sulla falsariga degli anfiteatri romani nacque l’idea di realizzare il terreno 6 metri sotto al livello base) ed ideale per il football, rendendo  l’impianto sostanzialmente prestato ai giochi. La copertura, vista dall’alto come un roller-coaster, era rivoluzionaria, sostenuta non dai canonici mezzi, ma da un sistema intricato di cavi ancorati sia al terreno, sia a 12 alberi in metallo di sostegno circondanti l’impianto. Sono inoltre presenti delle torrette molto simili a quelle di S. Siro per l’accesso ai posti più elevati.

I lavori di conversione della North Stand

Immediatamente dopo i giochi fu iniziato il processo di conversione, con la rimozione delle stand temporanee sulla North End e l’inizio della chiusura dell’anello. Al posto della pista di atletica alle stand sul lato lungo fu aggiunta un’ulteriore fila di posti ed il terreno fu ulteriormente abbassato. Sul lato nord i lavori furono resi più semplici dalla genialità degli architetti, che fecero già erigere tutte le strutture di sostegno ai tempi della prima costruzione in previsione della successiva conversione a football ground. La nuova stand permise di portare la capienza a circa 48 mila posti, per un costo totale della conversione che ammontò a circa 42 milioni di sterline, 20 dei quali messi dalla città e 22 dal club, con quest’ultimo che si occupò soprattutto delle facilities, lasciando la parte strutturale al concilio cittadino. L’impianto fu pronto per l’inizio della stagione 2003-2004 e l’inaugurazione avvenne il 10 agosto 2003 con l’amichevole tra Manchester City e Barcellona, vinta dai Citizens 2-1 con il primo storico goal realizzato da Anelka; la prima partita ufficiale fu disputata pochi giorni dopo, il 14 agosto, contro i New Saints (Galles) in una sfida valida per il torneo Intertoto (preliminare della vecchia Coppa Uefa) e vinta dai padroni di casa per 5-0: il primo gol ufficiale fu segnato da Trevor Sinclair. In Premier l’esordio avvenne invece il 23 agosto 2003 contro il Portsmouth, match terminato 1-1 con il primo gol in campionato siglato da Yakubu.

Visione d’insieme dell’area del CoMS

A guardarlo ora, completo, dall’alto l’impianto appare in tutta la sua bellezza con le linee sinuose della copertura a catturare l’attenzione così come spiccano gli alberti montati sulle torrette (e potete già ammirarlo dall’aereo scendendo su Manchester) mentre arrivandoci a piedi dal centro (dista circa 2.5 Km, una camminata di mezz’ora abbastanza segnalata che ora viene bypassata dalla recente inaugurazione della fermata del metrobus cittadino) lo si scorge piano piano stagliarsi con il suo profilo indistinguibile al di sopra delle tipiche case inglesi. La zona, conosciuta come Sportcity, racchiude nelle vicinanze tutte le strutture utilizzate per i giochi del Commonwealth, tra cui la Manchester Regional Arena subito in parte allo stadio, utilizzata per atletica e calcio. Tra i molti cambiamenti avvenuti al City in questi anni, vi è anche il nome: nel 2011 infatti il City ha denominato il CoMS “Etihad stadium” per ragioni monetarie, dopo aver ottenuto tuttavia il permesso dal consiglio cittadino in una ridiscussione del contratto di proprietà della durata di ben 250 anni. Come d’abitudine, andiamo ora alla scoperta di ogni singola stand.

Panoramica, in tutta la sua bellezza, dell’Etihad

THE COLIN BELL STAND

L’ingresso alla Colin Bell Stand

Si tratta della Main Stand dell’impianto dove nel 2012 ho avuto la fortuna di assistere, assieme a Pierpaolo, a Manchester City Fulham da uno dei punti più alti dell’intero impianto. Dopo la conversione dell’impianto la stand si è trasformata in una three-tier stand, con il lower level e l’upper level decisamente più grandi del middle-level. La pendenza della stand sale progressivamente, ma la visuale è splendida anche dalle ultime file, senza alcun ostacolo. Essendo la tribuna principale dell’impianto, nella sua pancia troviamo tutte le principali facilities per il confort, dalla cucina in grado di preparare pasti per 6mila persone, agli spogliatoi col relativo tunnel d’ingresso, alle suites, ai boxes, alla sala matrimoni, alla sala stampa ed a tutte le aree dedicate allo staff ed al deposito dei materiali. La parte interna dedicata ai comuni mortali invece è abbastanza semplice, dotata dei servizi essenziali senza tuttavia eccellere come visto in altri stadi; la sensazione è quella di respirare un impianto ancor privo di storia, poco vissuto. Dall’esterno invece si nota subito come questo sia l’ingresso principale allo stadio: si viene infatti accolti da un’enorme struttura in vetro situata tra due torrette, al di sopra della quale campeggia il nome del club. L’area antistante è ad ampio respiro, non c’è assolutamente la sensazione di essere “alle strette”, nonostante la presenza nei match days dei classici venditori ambulanti di cibo buonissimo ma che fa bene a tutto tranne che all’organismo e l’intero stadio è percorribile nel suo intero perimetro. L’accesso è rigorosamente elettronico ed anche salire le torrette è una piacevole esperienza (certo, se avete esperienza con le torrette di S. Siro sapete che alla lunga l’esperienza diventa traumatica e/o faticosa). Inoltre, appena a destra dell’area reception, si trova il Memorial Garden, un’area accessibile a tutti dedicata alla commemorazione dei personaggi importanti per il club; tra questi non possiamo non citare Marc Vivien Foè, di cui vi abbiamo parlato nel paragrafo precedente. Infine, dal febbraio 2004, dopo un sondaggio tra i tifosi, la West Stand è stata dedicata a Colin Bell, autentica leggenda vivente del club.

La stand dall’interno

THE SOUTH STAND

La South Stand attuale

E’ la End originaria dell’Etihad, già quindi presente durante i giochi del Commonwealth, quando era nota come Scoreboard’s End e costituita da un singolo anello. Dopo i giochi è stata trasformata in una two-tier stand che si unisce, senza soluzioni di continuità, alle due tribune principali dell’impianto. Ovviamente resta separato il terzo anello, in concomitanza del quale, negli angoli, trovano sede quelle particolari strutture regolabili che permettono la filtrazione dell’aria e della luce. Sul fondo della stand, ben visibile, c’è l’area dedicata alla Legends Lounge, altra area di lusso frequentata di solito dalle vecchie glorie del club e dotata, ovviamente, di ogni genere di confort per un’esperienza unica del match. Qui trovano posto solitamente i tifosi ospiti, posizionati di solito sul lato più lontano dalla Main Stand e distribuiti su entrambi gli anelli, per un totale di circa 3mila posti che possono salire sino a 4.500 in occasione delle gare di coppa. E vicino a loro, seppur in un angolo risicato della stand, al confine (e spesso si sfocia) con la East Stand, troviamo anche i fans più rumorosi del City, a costituire la maggior parte dell’atmosfera che si respira all’interno dell’impianto durante le partite. Tra il 2003 ed il 2006, inoltre, fu nota, nell’indifferenza generale dei tifosi, come Key 103 Stand, dal nome di una radio locale molto importante. Infine la South Stand sarà oggetto della prima fase di espansione dell’impianto, in programma a partire da questa estate che prevede l’aggiunta del terzo anello con posti a sedere per tutte le tasche, nonchè l’ampliamento delle facilities esistenti (termine di consegna dovrebbe essere l’inizio della stagione 2015-2016). Come conseguenza, saranno spostati i tifosi avversari, anche se al momento in cui scriviamo non è chiaro quale sarà la loro nuova destinazione.

Il progetto d’espansione

THE EAST STAND

La East Stand dall’interno

Opposta alla Main Stand, le è del tutto speculare, soprattutto nella splendida forma sinuosa determinata dalla copertura dell’impianto. Come la gemella, nella sua pancia contiene numerose facilitesi, tra cui quelle dedicate ai bambini ed alla promozione del club e della città. Tra i tifosi, in ricordo di Maine Road, è ufficiosamente nota anche come Kippax Stand, a ricordare l’iconica struttura caratterizzante il vecchio impianto. Non abbiamo ancora avuto modo di parlare del campo, tra i migliori dell’intera Inghilterra grazie non solo alla tecnologia che unisce l’erba naturale all’erba sintetica, ma anche ad un impianto drenante e di riscaldamento del terreno tra i più avanzati al mondo. Nell’occasione in cui ero allo stadio, la partita si disputò sotto una fittissima nevicata senza il minimo problema dal punto di vista della qualità dello spettacolo perchè il terreno tenne magnificamente. Andando all’esterno, qui vi è l’arrivo della Joe Mercer Way, la nuova via d’accesso pedonale all’impianto dedicata al leggendario allenatore del City negli anni 60 e dipinta con un accecante sky blue, il colore del club.

La Joe Mercer Way

THE NORTH STAND

La North Stand

L’ala “nuova” dello stadio è stata realizzata in maniera sostanzialmente uguale all’altra end, una semplice two-tier stand sormontata dagli executive boxes. Qui troviamo il settore dedicato alle famiglie e, all’esterno, il megastore ed il museo della squadra, realizzati su due piani. Non sono due strutture grandiose come possono esserlo il museo di Old Trafford o dell’Emirates, ma fanno comunque la loro figura. Una volta completata l’espansione della South Stand, l’aggiunta del terzo anello anche su questa End completerà il piano di espansione dell’Etihad Stadium, per permettere una capienza attorno alle 61mila persone (anche se il club sta considerando la possibilità di aggiungere ulteriori file di posti alle due stand sul lato lungo del campo tramite un avvicinamento al campo delle prime file, cosa che comunque sarà realizzata solo dopo il termine dei due grandi lavori).

Rendering dello stadio ad espansione completa

L’ATMOSFERA

Da sempre il City ha avuto un larghissimo seguito di pubblico e la fedeltà si è mantenuta sino ai giorni attuali. Infatti, anche negli anni 90, con il club in seria difficoltà, le medie di presenze stagionali erano decisamente elevate, per poi esplodere letteralmente negli ultimi anni con la rivoluzione araba e i successi sul campo. Inutile descrivervi, o provare a farlo, l’atmosfera che si respirava a Maine Road: non ne saremmo capaci perchè nonostante i risultati non eccelsi e nonostante non si trattasse di uno stadio all’avanguardia, i tifosi del City amavano entrambi profondamente ed ogni match era un’esperienza particolare. Il trasferimento all’Etihad ha parzialmente imborghesito la tifoseria, come purtroppo è successo in moltissime città d’Inghilterra, ma nonostante questo anche nel nuovo impianto vi sono momenti meravigliosi da vivere sugli spalti, sia nel pre-partita, sia durante il match. Nel pre-partita il momento clou è sicuramente rappresentato dal Blue Moon, l’inno del club: nasce dall’omonima canzone popolare scritta da Richard Rodgers e Lorenz Hart nel 1934. All’inizio ebbe grosse difficoltà nello sfondare, ma con il passare degli anni e le numerose cover, divenne una vera e propria hit immortale. I tifosi del City, da quanto si riesce a scovare in rete, iniziarono ad utilizzarla sul finire della stagione 1989-90, quasi per caso, in un periodo in cui canzoni famose vennero utilizzate sempre più spesso dai fans. Non furono i primi (merito che spetta ai tifosi del Crewe Alexandra), ma la canzone, catapultata all’interno del Maine Road prima, e dell’Etihad poi, assume tutt’altro fascino. La versione cantata è letteralmente spezzata in due: la prima parte rispecchia la canzone originale, lenta, malinconica, da atmosfera; la seconda rompe totalmente il ritmo cadenzato dell’inizio e si trasforma in versione pop-rock, come a simboleggiare la storica imprevedibilità di questa squadra, capace di grandi imprese e grandi cadute nell’arco di brevissimo tempo (ad esempio fu l’unica squadra campione in carica retrocessa nella stagione successiva). Nelle occasioni speciali, principalmente nei match serali, vengono abbassate le luci ed una grande luna blu compare nella East Stand, rendendo il momento ancor più magico.

Durante il match l’atmosfera è altalenante ed è molto influenzata, rispetto ad altre realtà, dalla partita in corso. Nella mia esperienza il livello dei decibel non era stato elevatissimo se non in un paio di occasioni, complice anche una nevicata incredibile, ma nei match importanti anche l’Etihad sa essere un discreto catino. I fans del City sanno inoltre essere parecchio creativi e in Inghilterra ricordano ancora quando, alla fine degli anni 80, introdussero la moda di portare oggetti gonfiabili all’interno degli stadi; negli ultimi anni invece ha fatto parecchia notizia, qui in Italia, il geniale coro inventato per Balotelli nei suoi anni da Citizen, un coro che una volta sentito, è impossibile non cantare. Tutti comunque abbiamo negli occhi e nella mente due episodi nella storia recente del City: l’incredibile esultanza nel gol scudetto all’ultimo respiro del 2012 e l’adozione del Poznan, il caratteristico modo di esultare con le spalle al campo emulato dai tifosi del Lech Poznan in visita all’Etihad qualche anno fa in Europa League. Chi vi scrive lo ha provato ed è stato decisamente divertente, come è spettacolare vederlo fare da tutto lo stadio in particolari occasioni. Seppur importata, l’esultanza è diventata simbolo dei tifosi Citizens. Tornando invece ai cori più in voga, non possono mancare le canzoni degli Oasis, i tifosi più illustri della squadra.

Generalmente la sponda City di Manchester è decisamente accogliente e friendly, la rivalità più accesa, tra l’altro anche l’unica, è quella cittadina, con il Manchester United. Una rivalità che nasce lontanissimo nella storia, ma che inizialmente si è accesa solamente a livello dirigenziale; solamente dopo la seconda guerra mondiale, col termine dell’abitudine dei cittadini di Manchester di andare a vedere entrambe le squadre, è nata la rivalità in campo e sugli spalti. Tra le moltissime gare memorabili spicca su tutte il famoso “Denis Law game”, disputato a Maine Road nel 1974 quando Denis Law (ex giocatore dello United) segnò un gol di tacco per il City nei minuti finali condannando lo United alla retrocessione: fu immediatamente sostituito, uscì a testa bassa dal campo e la partita non terminò nemmeno per l’invasione di campo dei tifosi United. Solo successivamente scoprirà che non fu lui a condannare lo United, che sarebbe retrocesso in ogni caso. Attualmente nel derby si respira comunque una grandissima atmosfera, con i tifosi City che lo vivono sicuramente in maniera più viscerale rispetto ai cugini (che da recenti sondaggi sembra che abbiano molti più tifosi fuori città che in città, in una situazione simile a quanto succede in Italia tra Juventus e Torino).

NUMERI E CURIOSITA’

Essendo stato progettato per i giochi del Commonwealth, l’Etihad è un impianto polifunzionale, in grado di ospitare numerosi eventi. Rimanendo in ambito calcistico, l’evento più importante sin’ora ospitato è la finale di Europa League del 2008, con lo Zenit vincente 2-0 sui Glasgow Rangers; importante anche l’evento del maggio 2011, con la finale playoff di Conference che ha visto il ritorno in Football League del Wimbledon. La partita fu giocata qui per l’indisponibilità, dovuta all’imminente finale di Champion’s League, di Wembley. A livello di nazionali, i leoni inglesi hanno giocato qui il 1° giugno 2004, rendendo l’impianto il 50esimo ad ospitare una partita della nazionale maggiore; nel 2005 invece l’Etihad è stato una delle sedi degli Europei Femminili.

Per quanto riguarda altri sport, diverse partite di rugby sono state qui disputate; inoltre nel 2015 sarà ospitata una partita dei Mondiali di Rugby coinvolgente la nazionale inglese, un evento che sicuramente sarà imperdibile. Anche la Boxe ha trovato casa qui nel 2008, con l’idolo Ricky Hatton a sconfiggere lo sfidante Juan Lazcano di fronte a più di 56 mila spettatori (il più grande pubblico inglese per un incontro di boxe). Numerosi sono stati i concerti ospitati, e tutti di un certo rilievo: parliamo di Red Hot Chili Peppers, U2, Oasis (ovviamente), Take That…la conseguenza più importante di tutto ciò l’abbiamo avuta nel 2008, quando il campo venne portato in condizioni talmente pessime da impedire addirittura il suo utilizzo, perchè non ancora pronto dopo i trattamenti per farlo riprendere, ad inizio stagione, con il primo turno preliminare di Europa League casalingo giocato dai Citizens nello stadio del Barnsley. Successivamente il terreno venne rifatto ed attualmente è uno dei migliori, se non il migliore, di tutta la terra d’Albione.

Capacità: 48.000 (in espansione)

Misure del campo: 115 x 68 metri

Record attendance: 47.435 (2012 – Premier League vs QPR)

Record attendance at Maine Road: 84.569 (1934 – FA Cup vs Stoke City)

FONTI

Football ground guide

Wikipedia

Manchester City official site

Bluemoon site

Manchester History

Groundhopping

– Simon Inglis: Football Grounds of Britain (1997 – Collins Willow)

 

 

Grazie

“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo, di unire la gente. Lo sport può creare la speranza laddove prima c’era solo disperazione”

La Premier League ha deciso di onorare Mandela con un minuto di applausi prima delle gare del weekend. Giusto così

Con un Sir Alex un po’ più giovane

La formula del successo

È uscito il libro di Alex Ferguson, My Autobiography.
Non l’ho acquistato e non so neppure se lo acquisterò. Ho sentito qualche commento, ho letto qualche intervista ed alcune critiche. Diciamo che presumo di sapere che cosa ci troverei dentro. Non sono alla ricerca di aneddoti e magari ce ne saranno, né desidero descrizioni caratteriali di giocatori più o meno famosi. Non voglio sapere di come sia riuscito ad acquistare Cristiano Ronaldo, pochi minuti prima dell’offerta di Arsène Wenger, né come abbia calciato uno scarpino in faccia a Beckham.
Ciò al quale sono interessato è il segreto di tante vittorie, di una carriera costellata di successi e di come tutto ciò sia potuto accadere. Ed a tal proposito mi è bastata, in realtà non è bastata per nulla, un’intervista rilasciata dallo stesso Ferguson a Charlie Rose sul network americano PBS.
L’intervista avviene a seguito di un viaggio di Ferguson negli Stati Uniti dove è stato chiamato nientemeno che dalla Harvard Business School, dove ha tenuto alcune lezioni sul “segreto del suo successo”. Anche gli economisti di Harvard sono rimasti impressionati dalla carriera di Ferguson e ne hanno voluto fare un corso di studio.

Esiste un modo per razionalizzare la vittoria?
Ferguson ha elencato, durante l’intervista, alcune idee fondamentali che ha seguito nella sua carriera di allenatore.

Con il Manchester United Alex Ferguson ha vinto tutto.

Con il Manchester United Alex Ferguson ha vinto tutto.

1. Scegliere sempre giocatori con coraggio, che dimostrano energia e desiderio, giocatori che vogliono la palla, che vogliono battere le punizioni, che non sono intimiditi dall’avversario. Guardando i video della altre squadre gli osservatori cercano il coraggio come dote naturale, genetica, che secondo Ferguson è difficile da insegnare.
2. Mantenere un livello di qualità alto perché è questo che vogliono allo United. Ciò deve avvenire, a dispetto di club che spendevano molto, anche senza doversi svenare. Per arrivare a questo livello il punto 3 è fondamentale.
3. Pazientare nella realizzazione del programma, quella pazienza che il club ha avuto, in particolare Martin Edwards e Bobby Charlton, quando Ferguson ha sviluppato il gruppo di giovani: Beckham, Giggs, Scholes, Butts, i due Neville. Li hanno aspettati per quasi cinque anni, poi hanno esordito quasi tutti insieme. Fare esordire un giovane lo lega strettamente al club.
4. Creare un clima di odio o amore? O forse di paura e amore? In effetti c’è un fattore pura, ma quello che Ferguson chiedeva ai suoi giocatori era rispetto, lui voleva rispetto. Rispetto per il club, per il manager, per le sue decisioni, per la formazione scelta. Certo quando perdeva la pazienza non lo nascondeva affatto, ma il giorno dopo era un altro giorno. Mai tenere il cruccio.
5. Saper gestire un gruppo di milionari. Sviluppare i giocatori, ma svilupparne anche il carattere. In campo devono giocare per tutte le cose che sono state loro insegnate. La mentalità vincente = giocare sempre per vincere. La determinazione = mai arrendersi. Come gestire le sconfitte = rialzandosi per la partita successiva. Creare un gruppo di persone che sono te stesso. (Ecco perché cacciava coloro che non lo rappresentavano più).

Alla fine ad Harvard se ne sono usciti, con la sua collaborazione, con addirittura una formula, la cosiddetta Fergie Formula.
a. creare un club, non una squadra, con solide fondamenta nel settore giovanile; quando arrivò allo United non c’era un settore giovanile;
b. b. appena un giocatore cala di rendimento deve essere sostituito, meglio se da un giovane, ecco che il settore giovanile diventa fondamentale;
c. acquistare giovani intorno ai 23-24 anni, in modo che giochino per il club negli anni migliori (che possa durare quindi per 6-7-8 anni);
d. avere continuità manageriale, il sistema deve trasmettersi uguale dalla prima squadra alle squadre giovanili; quante volte un giovane è entrato in squadra ed ha fatto subito bene perché conosceva il sistema di gioco;
e. gestire la squadra con la mente e non con il cuore, non avendo remore nel liberarsi delle stelle cadenti;
f. mantenere standard di rendimento sempre elevati, soprattutto in allenamento, altrimenti le deficienze si manifestano in partita;
g. giocare per vincere ogni partita;
h. mai perdere il controllo dello spogliatoio, la parola del manager è legge;
i. negli ultimi 15 minuti di partita, se in svantaggio, attaccare senza paura, anche rischiando; si sta comunque perdendo la partita;
j. avere il potere dell’osservazione, essere presenti a tutti gli allenamenti, ad ogni partitella, le prove sono tutte sul campo;
k. avere strutture all’avanguardia, stadio, campi di allenamento, strutture mediche, laboratori, incluso un settore di scienza dello sport.
Non male direi, tutti parametri condivisibili, logici, ma non sempre applicati da altri club che vogliono il successo.

In aggiunta, come corollari, Ferguson ha anche parlato di giocatori firmati giovanissimi, a 12-13 anni, come Giggs, Beckham, ad esempio. Per ottenere le loro firme è importante conoscere le famiglie e soprattutto capire che sono le madri dei ragazzi la chiave per firmarli, molto più dei padri, che a volte vedono se stessi nei loro figli e complicano la situazione.

Le caratteristiche che Ferguson cercava in questi ragazzi? Scegliere coloro che quando perdono diventano intrattabili, coloro che amano la competizione, coloro che hanno un senso della missione, non giocano solo per se stessi, ma per qualcosa di più grande, hanno quindi una forte etica di squadra, coloro che comunque e sempre credono nella squadra e negli undici che vanno in campo.

In questo elemento, la formazione, entra l’aspetto psicologico. Spiegare sempre individualmente perché alcuni di loro non giocheranno e, se possibile, informarli di quando giocheranno la prossima volta.

Una bella intervista, qualche segreto, ma non tutti, tante cose interessanti.
Addirittura una formula per il successo.

E così, solo per scherzare, ho messo giù anch’io una banale formula, per vedere chi vincerà la Premier, e dopo sole otto partite, ho già la classifica finale, anzi ho solo i punti delle presunte top six, magari si infilano anche il Southampton o l’Everton. Comunque ecco qui le proiezioni, con un minimo di forchetta:

Arsenal 84 (+/- 6)
Liverpool 76 (+/- 5)
Man City 73 (+/- 3)
Chelsea 72 (+/- 9)
Tottenham 70 (+/- 6)
Man Utd 66 (+/- 13)

Conto di fare una proiezione dopo una quindicina di partite ed una dopo altre dieci-dodici gare. Ovviamente più ci si avvicina alla fine e più le proiezioni saranno vicine alla classifica finale e quindi avranno meno significato.

L'acquisto di Ozil ha lanciato l'Arsenal in testa alla Premier League.

L’acquisto di Ozil ha lanciato l’Arsenal in testa alla Premier League.

Buona Premier League a tutti!

2013-14 Premier League preview

Finalmente un po’ di incertezza!

Dopo anni di dominio Manchester United, la stagione della Premier League, che si apre il 17 agosto con l’anticipo Liverpool-Stoke City, presenta tutte le carte per essere una delle più intriganti di sempre.

Molti fattori contribuiscono a tutta questa anticipazione ed a questa imprevedibilità. Innanzitutto i cambi di manager sulle panchine dei club giunti ai primi tre posti lo scorso anno (Man Utd, Man City e Chelsea), su quella dell’Everton e su quella dello Stoke City. Ci sono poi le situazioni ancora tutte da definire, entro il 31 agosto, per tre stelle (Gareth Bale, Luis Suarez e Wayne Rooney) che potrebbero spostare di molto i valori in campo. Infine l’arrivo di tre nuovi club (Crystal Palace, Hull City e Cardiff City) e di tanti nuovi giocatori da praticamente tutto il mondo. Valutare tutto sarà impresa complessa.

Jose Mourinho ritorna al Chelsea per vincere subito.

Jose Mourinho ritorna al Chelsea per vincere subito.

Fare una previsione/figuraccia, stilando la classifica finale, è però un dovere.

1. Chelsea
Il ritorno del grande portoghese a Stamford Bridge è stato il tormentone della scorsa stagione. Alla fine, come ampiamente previsto, Josè Mourinho è ritornato sul luogo del delitto. Ritrova Peter Cech, John Terry e Frank Lampard della vecchia guardia. Ma trova soprattutto un’accoppiata formidabile a centrocampo: Juan Mata ed Eden Hazzard. Trova Oscar e l’attaccante Romelu Lukaku (un remake di Didier Drogba?), trova una grande squadra. Mou sceglie sempre dove andare per tentare di vincere. Vorrebbe anche Wayne Rooney, mentre il Barcellona vuole David Luiz. Anche senza quei due quello che ha può bastare.
Chelsea campione.

2. Manchester United
Decisivi due elementi: il futuro di Wayne Rooney e la salute di Robin Van Persie. Sostituire Sir Alex Ferguson è praticamente impossibile. David Moyes ci proverà. Ha tentato e sta tuttora tentando di riportare in Inghilterra Cesc Fabregas. È ovvio che pensa che allo United manchi ancora qualcosa. Come scrissi lo scorso anno, secondo me, lo United può soffrire molto in difesa e se infila una partenza sfortunata…
Secondi di un soffio davanti al City.

3. Manchester City
Da ricostruire principalmente il rapporto con i giocatori. Manuel Pellegrini (ex-Malaga) è arrivato anche per questo. Come si inseriranno Jesus Navas, Alvaro Negredo, Stevan Jovetic e Ferdinandinho? Tutto dipenderà ancora da Yaya Tourè e David Silva. Matija Nastasic sarà fuori per il primo mese. Annunciata l’intenzione di espandere l’Etihad Stadium da 47,000 a 60,000.
Con un pizzico di fortuna potrebbero anche vincere il titolo. Ma sarà un combattuto terzo posto, appena dietro ai rivali cittadini.

4. Tottenham Hotspur
Vendere Gareth Bale non avrebbe alcun senso. Potrebbe davvero essere finalmente l’anno buono per gli Spurs e non ci si priva del giocatore dell’anno. Hanno mantenuto, unica tra le top 4, il loro manager. Paulinho e Roberto Soldado possono essere i due elementi decisivi per Andres Villas-Boas. Arrivati pure Nacer Chadli ed Etienne Capoue. Recuperato Younès Kaboul. Top 4 garantito.

5. Arsenal
Ancora una volta stagione decisiva per Arsene Wenger! Non è arrivato nessun nome di rilievo. Hanno cercato Gonzalo Higuain ed offerto £ 40,000,001 per Luis Sanchez per rinforzare l’attacco, ma anche il centro della difesa necessita di migliorie. Molti giovani che possono fare bene, ma sono davvero forti?
Europa League.

6. Liverpool
Continuità è la parola chiave per la stagione del Liverpool di Brendan Rodgers. C’è la nube Luis Suarez, che salterà le prime sei partite per squalifica, ma il problema è più profondo. Serve ripetere le prestazioni buone, che ci sono state lo scorso anno, ogni settimana. Sono arrivati Iago Aspas e Kolo Tourè a creare stabilità a centrocampo e proprio nelle ultime ore anche Aly Cissokho in prestito dal Valencia. Giocatori che dovrebbero garantire la diminuzione di quei cali di tensione che hanno pesato lo scorso anno. Simon Mignolet deve confermare sotto la Kop le buone stagioni fatte al Sunderland. Sesto posto (quantomeno sarebbero davanti all’Everton), ma il proprietario John W. Henry spera finalmente di finire nei top 4. Se arrivasse un altro bomber.

7. West Ham
Sam Allardyce sprizza ottimismo da tutti i pori. Se Andy Carroll finalmente diventerà l’attaccante che può essere per gli Hammers ci saranno grandi soddisfazioni. L’arrivo di Stewart Downing ha messo le basi per una bella accoppiata là davanti. Ed a rafforzare la difesa è giunto Razvan Rat dallo Shakhtar Donetsk. Esagero perché mi piace Sam e li metto al settimo posto.

Per £15 milioni Andy Carroll passa dal Liverpool al West Ham.

Per £15 milioni Andy Carroll passa dal Liverpool al West Ham.

8. Newcastle United
Non credo in un collasso simile alla scorsa stagione. Alcune delle ultime partite hanno mostrato un Newcastle molto migliore della classifica finale. Interessantissimo l’arrivo di Loic Remy. Papiss Cisse e Shola Ameobi sapranno rimpiazzare Ba? Credo di sì. Top 8.

9. Swansea
Non sono più una sorpresa. Dalla bancarotta alla Premier League sarà anche un film sul grande schermo.
Ad aiutare Michu arriva l’ivoriano Wilfried Bony e dal Liverpool ecco Jonjo Shelvey. Hanno giocato un calcio bellissimo lo scorso anno e per quanto ripetersi sia difficile il talento non sparisce nel nulla. Michael Laudrup vuole completare il lavoro. Meritano di ritornare in Europa, ma non sarà facile, però un nono posto non sarebbe poi così male.

10. Everton
Nell’esatto momento in cui David Moyes ha firmato per il Man Utd, Roberto Martinez è diventato il favorito per rimpiazzarlo all’Everton. Il lavoro fatto da Martinez con il Wigan è stato strepitoso. E allora è facile presumere che farà lo stesso a Goodison Park. La mia domanda è: potrà fare meglio? Ma prima viene un’altra questione: riuscirà a trattenere Leighton Baines e Maroune Fellaini? Per ora offerte respinte al mittente. Intanto è arrivato Gerard Deulofeu dal Barcellona.
Top 10, ma se scappano in troppi verso Old Trafford (in estate o in gennaio), Martinez rischia di sprofondare.

11. West Bromwich Albion
Hanno perso Romelu Lukaku. Hanno firmato Nicolas Anelka e preso in prestito Matej Vydra (Watford via Udinese). Steve Clarke farà di tutto per ripetere l’ottavo posto dello scorso anno, ma non sarà facile. Sono calati pesantemente nella seconda metà di stagione. È arrivato pure Diego Lugano ed ha firmato un contratto fino al 2017 il centrocampista Youssouf Mulumbu.
Appena fuori dalle prime dieci, ma difficile ottenere qualcosa di più.

12. Aston Villa
Non credo ad una stagione disgraziata come la scorsa. Ed a fine stagione la cura Paul Lambert cominciava a dare i suoi frutti, infatti sono state le ultime dieci partite che hanno salvato il Villa. La notizia dell’estate è stata la permanenza di Christian Benteke, che sembrava volesse andarsene. Una non-mossa chiave, direi. Decisivo anche il contributo di Matthew Lowton (confermato dopo l’arrivo dallo Sheffield United). In un paio d’anni potrebbero puntare a ritornare in Europa.

13. Sunderland
Paolo Di Canio. Un nome, una nuova disciplina. Con tutta l’estate per lavorare, con molti nuovi arrivi c’è aria di grande cambiamento allo Stadium of Light. Nuovo staff di allenatori e preparatori, molti italiani. E dall’Italia arriva Emanuele Giaccherini. Dall’Arsenal viene il nuovo portiere Vito Mannone. Di Canio ha conquistato Sunderland con uno strepitoso 3-0 nel derby contro il Newcastle e poi ha completato l’opera con la salvezza. Ora deve confermarsi. Lucky 13.

Paolo Di Canio ha portato un po' d'Italia a Sunderland: ecco Emanuele Giaccherini.

Paolo Di Canio ha portato un po’ d’Italia a Sunderland: ecco Emanuele Giaccherini.

14. Southampton
Lavoro efficace di Mauricio Pochettino. La proprietà lo riconosce affidandogli fondi per firmare il difensore del Lione Dejan Lovren ed il centrocampista Victor Wanyama dal Celtic. Rimane pure il diciottenne Luke Shaw, terzino sinistro. Ma il momento è tutto per Rickie Lambert che, alla bella età di 31, ha esordito e segnato con l’Inghilterra. La facile partenza dovrebbe garantire una salvezza tranquillissima ai Saints.
Per essere da top 10 hanno bisogno di un altro attaccante. Arriverà?

15. Fulham
Mohamed Al Fayed dopo 16 anni vende il club a Shahid Khan, proprietario dei Jacksonville Jaguars della NFL.
Vedremo che cosa vorrà dire da un punto di vista finanziario. Nel frattempo Arne Riise vuole andarsene, mentre Darren Bent resterà. Interessante anche l’arrivo di Maarten Stekelenburg. Martin Jol ha fatto un buon lavoro lo scorso anno, ma credo non avrà vita facilissima. Molto dipenderà da Dimitar Berbatov ed il suo umore. Un nome da tenere d’occhio quello del marocchino Adel Taarbat, centrocampista giunto dal QPR. Salvezza tranquilla.

16. Norwich City
C’era preoccupazione a Carrow Road. E così Chris Hughton è andato sul mercato ed ha fatto la spesa. Sono arrivati Ricky van Wolfswinkel dallo Sporting Lisbona, 24-enne olandese e Gary Hooper dal Celtic. Devono portare gol, pochi dubbi. Speranze anche per il giovane Nathan Redmond, giunto dal Birmingham City. Un altro olandese sarà Leroy Fer, che doveva andare all’Everton. Restano dubbi sulla qualità e la zona retrocessione si fa pericolosamente vicina.

17. Cardiff City
L’obiettivo è la sopravvivenza (e vincere i due derby con il Swansea). Il proprietario della Malesia, Vincent Tan, ha messo qualche milione e sono arrivati dal Tottenham il difensore Steven Caulker e dalla Corea del Sud il nazionale Kim Bo Kyung. Tutto però girerà attorno all’energia di Craig Bellamy.
È molo raro che tutte le tre neopromosse retrocedano, ma se c’è una stagione in cui può accadere è questa. Il Cardiff tenterà di evitare che ciò accada. Il manager Malky Mackay ha chiesto il pieno appoggio del pubblico, soprattutto nei momenti di difficoltà, e ce ne saranno, garantito. Salvi per un punto.

18. Stoke City
L’era di Tony Pulis è finita. Saprà Mark Hughes cambiare la mentalità di un club che faceva della difesa e della brutalità la propria forza? Lavoro molto complesso. Ma chi segnerà i gol per evitare la retrocessione? Forse nessuno. Chi sono Juan Agudelo, Marc Muniesa ed Erik Pieters?
I Potters hanno un ottimo portiere in Asmir Begovic. Ne avranno bisogno e forse non basterà.

Mark Hughes riuscirà a cambiare la mentalità dello Stoke City?

Mark Hughes riuscirà a cambiare la mentalità dello Stoke City?

19. Crystal Palace
Davvero la squadra che meritava di salire in Premier League era probabilmente il Watford, ma si sa, ai playoff, tutto può accadere. Su 38 partite invece accade quello che deve accadere. Il proprietario Steve Parish vuole affrettare i tempi per i lavori a Sellhurst Park. Servono fondi per restare in Premier League. Nel frattempo nuovi contratti sono stati firmati da Owen Garvan, Peter Ramage e Danny Gabbidon. A parte questo non è arrivato nessun nome di rilievo. Il piano era portare Darren Bent per sostituire Wilfried Zaha che ora è al Man Utd. Occhio allo spagnolo Jose Campana, giunto dal Siviglia. E poi c’è sempre Kevin Phillips a togliere le castagne dal fuoco (un quarto d’ora a partita la sua autonomia però). Bello rivedere le Eagles in Premier League, Ian Holloway è un bravo manager e la sua precedente esperienza con il Blackpool sicuramente sarà utile, ma guardatele bene perché potrebbe essere un one-year show.

20. Hull City
Il miracolo di Steve Bruce non si ripeterà. Però Bruce ha alcune colonne su cui lavorare: il portiere Allan McGregor, dalla Scozia via Besiktas, il centrocampista Tom Huddlestone ed il prestito Jake Livermore (gli ultimi due entrambi dal Tottenham). Poi Ahmed Elmohamady dal Sunderland, così come Danny Grahham. Servirà lavoro di amalgama. La cosa positive è che hanno speso con giudizio per cui se dovesse arrivare la retrocessione si eviterà anche il collasso finanziario.

E per concludere in bellezza, tre nomi per il Championship, Watford, Nottingham Forest e Leicester City.

La piramide del calcio inglese

Prima di entrare nello specifico delle contee, visto che tratteremo di livello 1 5 8 9 giusto precisare cosa intendiamo, per i pochi che non lo sapessero. Dunque, come ogni sistema calcistico (almeno europeo, ad esempio in MLS non esistono promozioni e retrocessioni) anche quello inglese partendo dal livello più alto arriva al più basso (noi ci fermeremo al 9 nel viaggio tra le contee inglesi, ma ce ne sono altrettanti e in questo caso ci fermiamo al livello 10, ovvero il livello da cui le squadre prendono parte alla FA Cup). Vediamo di elencarli brevemente, sperando di schiarire le idee a tutti.

Livello 1: Premier League
Promozione in: – (campione d’Inghilterra)
Retrocessione in: Football League Championship (3 squadre)

Nata nel 1992, la Premier League ha sostituito come massimo campionato la vecchia First Division. Le altre tre serie professionistiche assunsero il nome di First, Second e Third Division, almeno fino al 2004

Livello 2: Football League Championship
Promozione in: Premier League (3)
Retrocessione in: Football League One (3)

Dal 2004 la First Division è diventata The Championship; di conseguenza, Second e Third Division sono diventate League One e League Two

Livello 3: Football League One
Promozione in: Football League Championship (3)
Retrocessione in: Football League Two (4)

Livello 4: Football League Two
Promozione in: Football League One (4)
Retrocessione in: Conference Premier (2)

Livello 5: Conference Premier
Promozione in: Football League Two (2)
Retrocessione in: Conference North/South (4)

La Conference è nata nel 1979, fondata da alcuni team provenienti dalla Northern Premier e della Southern League. Fino al 1987 la vincitrice della Conference doveva essere eletta dai membri della Football League, non avendo quindi la promozione garantita dalla vittoria del campionato

Livello 6: Conference North/South
Promozione in: Conference Premier (2 e 2)
Retrocessione in: Northern Premier (dalla Conference North), Southern Premier (da entrambe), Isthmian Premier (dalla Conference South) (3 e 3)

Conference North e South nascono nel 2004

Livello 7: Northern Premier, Southern Premier, Isthmian Premier
Northern Premier League Premier
Promozione in: Conference North (2)
Retrocessione in: Northern Premier Division One North (2) e Northern Premier Divison One South (2)
Southern Football League Premier
Promozione in: Conference North (1) e Conference South (1)
Retrocessione in: Southern League Central (2) e Southern League South & West (2)
Isthmian League Premier
Promozione in: Conference South (2)
Retrocessione in: Isthmian League Division One North (2) e Isthmian League Division One South

Livello 8: Northern Premier League Division One North/South, Southern League Central/ South & West, Isthmian League Division One North/South
Northern Premier League Division One North/South
Promozione in: Northern Premier League Premier Division (2 e 2)
Retrocessione in: North-West Counties Football League, Northern Counties East League (da entrambe), Northern League Division One (dalla Norther Premier Div. One North), Midland Football Alliance (dalla Norther Premier Div. One South) (2 e 2)
Southern League Central/South & West
Promozione in: Southern League Premier (2 e 2)
Retrocessione in: Combined Counties League, Hellenic League, Midland Alliance, Spartan South Midlands League, United Counties League, Wessex League, Western League (2 e 2)
Isthmian League Division One North/South
Promozione in: Isthmian League Premier (2 e 2)
Retrocessione in: Combined Counties League, Eastern Counties League, Essex Senior League, Kent League, Spartan South Midlands League, Sussex County League (3 e 3)

Riassunto livello 7-8: La Northern Premier (da non confondere con la Northern League, che è livello 9) raggruppa tradizionalmente le squadre del nord dell’Inghilterra. La Southern League copre invece la zona dal centro-nord al sud-ovest, mentre la Isthmian la zona del sud-est. Londra è una zona di confine, anche se per la maggior parte le squadre della capitale competono nella Isthmian League (solo alcune squadre, per esempio l’Uxbridge, dell’ovest londinese partecipano alla Southern). Va sempre ricordato che, a seconda delle promozioni dal livello 9, la composizione delle leghe può cambiare, con un team che passa da Southern a Isthmian o viceversa, sempre per mantenere il criterio geografico alla base

I team del Livello 7 e 8 (verde Norther Premier, blu Southern League, rosso Isthmian League)

I team del Livello 7 e 8 (verde Norther Premier, blu Southern League, rosso Isthmian League)

Livello 9
Combined Counties League Premier Division
22 clubs
Eastern Counties League Premier Division
20 clubs
Essex Senior Football League
19 clubs
Hellenic Football League Premier Division
20 clubs
Midland Football Alliance
22 clubs
Northern Counties East Football League Premier Division
23 clubs
Northern League Division One
– 23 clubs
North West Counties Football League Premier Division – 22 clubs
Southern Counties East League
17 clubs
Spartan South Midlands Football League Premier Division
22 clubs
Sussex County Football League Division One
20 clubs
United Counties Football League Premier Division
20 clubs
Wessex League Premier Division
22 clubs
Western League Premier Division
21 clubs

Le promozioni (una per campionato) seguono criteri geografici, per cui una lega può essere “feeder” sia della Southern che della Isthmian, per esempio. E’ quindi inutile fare l’elenco lega per lega. Va specificato che la riforma della non-league della stagione appena conclusa ha cambiato un po’ le cose: ad esempio la Kent League è stata portata al livello 10, mentre prima era al livello 9 sostituita dalla Southern Counties East League.

Arancione: Combined Counties League
Giallo tenue: Eastern Counties League
Verde scuro: Essex Senior League
Rosa: Hellenic League
Amaranto: Kent League (ora Southern Counties East)
Azzurro scuro: Midland Alliance
Azzurro chiaro: North West Counties League
Verde luminoso: Northern Counties East League
Rosso: Northern League
Viola: Spartan South Midlands League
Blu: Sussex County League
Marrone: United Counties League
Giallo: Wessex League
Verde: Western League

Mappa del livello 9

Livello 10
Combined Counties League Division One16 clubs
Eastern Counties Football League Division One19 clubs
East Midlands Counties Football League18 clubs
Hellenic Football League Division One East14 clubs
Hellenic Football League Division One West16 clubs
Kent Invicta Football League16 clubs
Midland Football Combination Premier Division19 clubs
Northern Counties East Football League Division One22 clubs
Northern League Division Two22 clubs
North West Counties Football League Division One19 clubs
South West Peninsula League Premier Division20 clubs
Spartan South Midlands Football League Division One20 clubs
Sussex County League Division Two17 clubs
United Counties League Division One21 clubs
Wessex League Division One17 clubs
Western League Division One22 clubs
West Midlands (Regional) League Premier Division22 clubs

Le coppe
Rimane in sospeso l’eleggibilità per i vari trofei. Eccoli

FA Cup: dal livello 1 al 10 (occasionalmente 11)
League Cup: dal livello 1 al 4
Football League Trophy: livello 3 e 4
FA Trophy: dal livello 5 al 8
FA Vase: dal livello 9 all’11
FA Inter-League Cup: livello 11

P.S. vi invitiamo a partecipare al nostro fantasy sul sito della Premier League. Il codice da inserire è 41166-201474 se volete partecipare al fantasy con partite testa a testa (quindi affrontando ogni giornata un avversario) oppure 41166-204404 se volete partecipare alla classico fanta. Potete anche farli entrambi. Vi aspettiamo!

Footballshire: il calcio nelle 47 contee inglesi (introduzione)

Comincia oggi, con la collaborazione di Jacopo Ghirardon che di quest’idea è il padre, un viaggio che ci porterà a spasso per le contee dell’Inghilterra per conoscerne brevemente le squadre e, perchè no, conoscere anche le stesse contee. Innanzitutto definiamo la contea: quell’area geografica a cui a capo c’è un Lord Lieutenant; insomma, luogotenenti che rappresentano la monarchia nelle varie parti del Regno, e queste parti sono le contee. Vengono definite “ceremonial counties” in quanto a volte non corrispondono con la legislazione effettiva: non tutte le ceremonial counties hanno quindi un’effettiva funzione politica, ma non sorprendiamoci data la complicazione del sistema inglese e degli inglesi in generale. Le contee con effettivo potere politico sono divise a loro volta in contee non metropolitane (di cui 34 su 35 dispongono di un consiglio di contea, tranne il Berkshire) e contee metropolitane (Greater Manchester, Merseyside, South Yorkshire, Tyne & Wear, West Midlands, West Yorkshire), con l’ulteriore presenza delle autorità unitarie (esempio, Derby fa parte della ceremonial county del Derbyshire, ma essendo autorità unitaria politicamente ne è esclusa avendo un consiglio distrettuale a se stante) ovvero di città o distretti distaccati dalla contea di appartenenza; vi è infine il caso di Londra, che dal 1965 è organizzata nella Greater London e che viene ora considerata anche ceremonial county, a parte la City of London.
In tutto questo noi prenderemo in considerazione le ceremonial counties, che sono 47, ovvero:

Bedfordshire
Berkshire
Bristol
Buckinghamshire
Cambridgeshire
Cheshire
City of London
Cornwall
County Durham
Cumbria
Derbyshire
Devon
Dorset
East Riding of Yorkshire
East Sussex
Essex
Gloucestershire
Greater Manchester
Greater London
Hampshire
Herefordshire
Hertfordshire
Isle of Wight
Kent
Lancashire
Leicestershire
Lincolnshire
Merseyside
Norfolk
Northamptonshire
Northumberland
North Yorkshire
Nottinghamshire
Oxfordshire
Rutland
Shropshire
Somerset
South Yorkshire
Staffordshire
Suffolk
Surrey
Tyne & Wear
Warwickshire
West Midlands
West Sussex
West Yorkshire
Wiltshire
Worcestershire

L’idea è quella per ogni contea di elencare le squadre fino al livello 9 molto in breve, giusto per fornire coordinate le geografiche a squadre che magari non sappiamo dove collocare; ci soffermeremo su qualche particolare, su qualche rivalità, etc. e descriveremo in apertura la contea (città più importanti, circoscrizioni elettorali, curiosità di sorta). Per ogni post parleremo di 3-4 contee, il tutto per fornire una panoramica molto immediata, senza pretendere di addentrarci in particolari di cui possiamo invece parlare con la storia delle squadre, e senza rendere noioso il post (che diventerebbe lunghissimo). Giusto per passare questo mese d’agosto insieme ma senza impegno.

P.S. qualsiasi suggerimento è benvenuto visto che questo è solo il post di presentazione