Scunthorpe United Football Club
Anno di fondazione: 1899
Nickname: the Iron
Stadio: Glanford Park, Scunthorpe
Capacità: 9.183
Perchè poi uno debba venire a Scunthorpe non si sa. Classica cittadina che potrebbe prendere in prestito l’insegna di benvenuto frutto della genialità di Matt Groening, il papà dei Simpsons: “Welcome to Scunthorpe. We were born here, what’s your excuse?”. Li era Winnipeg, ma il concetto rimane quello così come rimane la domanda: perchè siamo a Scunthorpe? Perchè semplicemente siamo troppo innamorati del calcio inglese per lasciarci sfuggire l’occasione di rovistare nella periferia calcistica albionica, lontana dai lustrini e dal glamour internazionale della Premier ma costellata di realtà che trasudano storia, tradizione e senso di appartenenza. Per cui, eccoci qui. A Scunthorpe un cartello di benvenuto c’è veramente e recita: “Welcome to Scunthorpe, Industrial Garden Town of North Lincolnshire”. Sicuramente industrial, sicuramente town, di garden in realtà se ne percepisce un filo meno la presenza tant’è che qualche bontempone si è divertito a fare una foto a suddetto cartello, annerito dal fumo, con sullo sfondo le ciminiere delle locali acciaierie. Ed eccolo, l’acciaio. Volente o nolente è l’anima della città dal giorno in cui Rowland Winn si accorse che nei terreni di proprietà del padre si poteva estrarre l’ematite, ovvero il minerale del ferro. Era il 1859, qualcuno portò il carbone che in Inghilterra abbondava e le acciaierie cominciarono a spuntare come funghi fino a far diventare Scunthorpe la capitale inglese dell’acciaio, il che comporta il rovescio della medaglia, ovvero la nomea di città non esattamente appetibile al turista. A meno che non si capiti da queste parti per lo Scunthorpe United, come nel nostro caso.
Glanford Park sorge poco fuori città, ad accogliervi trovate un arco metallico (ma c’erano dubbi?) che vi dà il benvenuto nel primo dei tanti stadi nuovi che sorgono in Inghilterra. Correva l’anno 1988, Hillsborough doveva ancora arrivare ma l’incendio di Bradford aveva già avuto il suo impatto sull’opinione pubblica e sul legislatore britannico, che come forse avrete intuito è un filo più attento ed equilibrato rispetto al nostro. Lo Scunthorpe, da sempre di casa all’Old Showground, nella difficoltà di adeguare l’impianto alle nuove norme e nella prospettiva di cedere i terreni a una catena di supermercati, optò per il trasferimento e se Dio vuole Glanford Park è distante anni luce dai nuovi impianti fatti con lo stampino, anzi conserva ancora i pali di sostegno alle tribune che danno quel tocco antico che non guasta mai. Piccolo, perchè è piccolo, 9 mila spettatori con 5mila di media nell’ultimo anno in Championship, ma grande quanto basta per lo United e i suoi tifosi, espressione di una comunità di 70mila anime equidistante da Doncaster, Hull e Grimsby. Naturalmente anche l’Old Showground era bello, quel romanticismo old, la tribuna principale con le sponsorizzazioni quasi sempre legate all’acciaio, tra cui il “buy British Scunthorpe Steel” che conserva un certo fascino inspiegabile ancora oggi. E poi era comunque la casa dello Scunthorpe fin dalla sua nascita, il che dovrebbe conferire – e conferisce – il massimo del fascino possibile.
Quando le ruspe hanno demolito l’Old Showground un pezzo di storia dello United se ne è quindi andato. Era cominciata nel lontano 1899, quando il Brumby Hall (Brumby è uno dei cinque sobborghi che nel 1936 han dato vita alla città odierna. Gli altri quattro sono Scunthorpe, Frodingham, Crosby e Ashby) unì le forze a un club locale il cui nome è perso nelle nebbie del tempo. Il calcio nella cittadina dell’acciaio era già arrivato, ma come spesso accadeva non tutte le nuove società sopravvivevano all’entusiasmo iniziale. Ci provarono appunto con lo Scunthorpe United e ci riuscirono, ci proverà il North Lindsey fondato nel 1902 e non ci riuscì, tanto che nel 1910 a sua volta si unirà allo United dando vita allo Scunthorpe & Lindsey United. Il nuovo club passò nel 1912 al professionismo contestualmente all’ingresso in Midland League, che nella testa dei dirigenti doveva essere solo una tappa intermedia verso la Football League. I piani del club non trovarono riscontri però in una realtà che vedrà lo Scunthorpe tentare inutilmente l’ingresso in the League per anni, anni e anni ancora. Vi riuscirà solo nel 1950, quando la Football League decise per l’espansione. La Midland League a quel punto rimase come buon ripiego e i Nuts, anzi i Knuts la vinceranno due volte (1926/27, 1938/39). Non Iron, Knuts, con una K comparsa da non si sa dove ma sostanzialmente il significato è quello, “noci”: questo era in quegli anni il soprannome del club. L’origine la si deve al reverendo Cryspin Rust, che nel premiare il club al Frodingham Charity Trophy definì i giocatori “tough nuts to crack”, noci difficili da rompere. Duri. Come l’acciaio, o se preferite il ferro che con il tempo è diventato il soprannome ufficiale del club. Iron compare anche nel simbolo, uno stemma che uno potrebbe pensare essere stato scippato all’arte sovietica e copiato pari pari nel North Lincolnshire, con la mano chiusa a pugno nel brandire la sbarra d’acciaio che sembra incitare il proletariato alla rivoluzione.
Il quesito che ci siamo posti inizialmente è: perchè uno dovrebbe venire a Scunthorpe? Una domanda che se fai l’osservatore tendi a non porti, e infatti non se la pose nemmeno Geoff Twentyman. Mr Twentyman lavorava per il Liverpool ed era uno a cui Bill Shankly dava più ascolto che ad altri. Quando il nostro fece presente che nello Scunthorpe United giocava un ragazzotto dal sicuro avvenire, il grande Bill si fidò. Per 35.000 sterline concluse l’affare. D’altronde quattro anni prima dallo Scunthorpe aveva già prelevato il suo portiere, Ray Clemence: perchè non riprovarci? Ci riprovò, e funzionò anche stavolta, perchè quel ragazzotto si chiamava Kevin Keegan e verrà incoronato re ad Anfield. Clemence e Keegan. Due ragazzi cresciuti con lo Scunthorpe, vero, ma rimasti in prima squadra per troppo poco tempo per poterli annoverare tra le leggende del club. Due stagioni Ray, tre Kevin. E d’altronde una squadra dalla scorza dura come Iron è giusto che tra i suoi eroi abbia Jack Brownsword, difensore definito da Sir Stanley Matthews “the best defender in the Second Division”. Nel natio Yorkshire Jack faceva il minatore nelle miniere di carbone e con la maglia claret & blue giocherà per 18 stagioni. Gli attaccanti avversari? Una passeggiata rispetto ai turni in miniera. Lui, sì, duro come l’acciaio. O Jack Haigh, condottiero di mille battaglie, o ancora Barrie Thomas, eccellente attaccante la cui cessione a metà della stagione 1962 metterà fine al sogno First Division per lo Scunthorpe, che giungerà quarto per quello che rimane il miglior piazzamento nella storia del club. Questi giocatori non ebbero tutti il privilegio di indossare la maglia claret & blue del club, stile Aston Villa, perchè questa dal 1959 in contemporanea con il cambio di nome (sparì il “Lindsey”) divenne prima bianca con risvolti blu, poi interamente rossa tant’è che ironia della sorte Kevin Keegan passò da un club con la divisa interamente rossa ai Reds di Liverpool. Nel 1982 qualcuno ebbe l’intuizione e furono reintrodotti i colori originari, peraltro nella splendida variante a strisce verticali.
Detto dei giocatori, qui ultimamente gli eroi sono però gli allenatori. Il primo è Brian Laws, come spesso accade ex giocatore del club e reduce da un’esperienza da manager con i vicini e mai amati del Grimsby Town, passata alla storia più che altro per il lancio di un piatto a Ivano Bonetti. Laws, in sella dal 1997, portò lo Scunthorpe a Wembley per la prima volta dopo 7 anni, solo che a differenza del precedente questa volta fu un trionfo per i clarets & blue, un trionfo che riapriva le porte della Second Division, la terza serie. Durò poco, ma qualche stagione più tardi gli uomini di Laws, con il secondo posto nel 2005, riguadagnorono sul campo la terza serie, diventata nel frattempo League One. Questo dopo che nel 2004 Laws aveva lasciato per tre settimane il club, peraltro sull’orlo della Conference: tornerà e lo United finirà terzultimo e salvo. Tornato in terza serie, stavolta lo Scunny non si fermò, nonostante le sirene provenienti da Hillsborough che attirarono Brian Laws, il quale fatti i bagagli per la vicina Sheffield salutò Glanford Park. A quel punto le chiavi della squadra vennero lasciate in mano al…fisioterapista. Ed ecco il secondo manager che ha fatto la storia recente del club. “Who needs Mourinho, we’ve got our physio”, il coro che si alzava dagli spalti. Quel fisioterapista si chiamava, e si chiama, Nigel Adkins e porterà per ben due volte lo Scunthorpe in Championship, oltre che due volte a Wembley per un Football League Trophy perso contro il Luton Town e una finale di playoff vinta (entrambe nello stesso anno). Adkins lascerà però il club per andare ad allenare il Southampton e pian piano si tornerà in League Two, con l’ultima retrocessione avvenuta nel 2012/13.
La stazione di Scunthorpe è come Glanford Park: piccola. Arrivando in treno da Doncaster, si può già scorgere sulla sinistra lo stadio, visto che questi sorge alla periferia ovest della città. Dalla stazione situata in centro a Glanford Park la strada è quindi piuttosto lunga se la si vuole fare a piedi, ma come sempre ne vale la pena. Una realtà per conoscerla va respirata a pieni polmoni, metaforicamente magari perchè l’aria di Scunthorpe non è proprio la più salutare del Regno – ma se non altro le acciaierie sorgono dalla parte opposta della città rispetto allo stadio. Ecco, non proprio la città turistica dei vostri sogni. Ma se si ama il calcio inglese, una tappa a Scunthorpe la si può fare tranquillamente. Per vedere questa squadra dal guscio duro come quello delle noci, o dura come l’acciaio, se preferite.