Diceva Bill Shankly che un club è formato da una santa trinità: l’allenatore, i giocatori e i tifosi. I dirigenti? Quelli servono solo a firmare gli assegni. Sottoscrivendo questa massima del grande manager del Liverpool, ci accingiamo a parlare di una delle tre componenti della trinità di un club che entrava negli anni ’20 senza grossi successi da esibire al Mondo, con alle spalle un trasferimento da una zona all’altra di Londra e che diventerà invece la squadra più vincente della capitale del regno, proprio grazie a quel manager, the man who made Arsenal. Da Kiveton Park, Yorkshire: Herbert Chapman.
Figlio di un minatore (e non che le alternative fossero molte, in quello Yorkshire), decise che invece di riempirsi i polmoni di polvere avrebbe provato a progettarle, ‘ste benedette miniere, e si iscrisse in quella che sarà la futura University of Sheffield al corso di ingegneria mineraria. Coltivava però anche un’altra passione, sinceramente più divertente: il football. Journeyman, cambiò più squadre che paia di scarpe, non verrà mai ricordato per le gesta da calciatore e concluse la carriera in quel di Northampton, non dopo però aver giocato per un club di Southern League del nord di Londra: il Tottenham Hotspur. Ma guarda un po’ il destino…
A Northampton cominciò la carriera di allenatore. Così come le miniere preferiva progettarle che lavorarci, così il calcio preferirà gestirlo, inventarlo, anzi di più: rivoluzionarlo. Un passo alla volta. A Northampton, ma non solo lì, la tattica non era esattamente all’ordine del giorno: per dire, Chapman racconterà di come era normale trovare due ali sulla stessa fascia, stile partita di calcetto con gli amici. Questa la situazione al suo arrivo. Ecco, in pochi anni da questo si passerà alle parole di Fleming, nazionale inglese in forza allo Swindon Town, che disperato dopo una sconfitta si rivolse a Herbert così: “you have something more than a team: you have a machine“. La genialità. Chapman aveva intuito che esisteva una cosa magnifica chiamata contropiede: lasciamoli attaccare, noi – organizzati difensivamente – li colpiamo di rimessa. Bingo. Vincerà un campionato di Southern League nel 1909, negli altri si posizionerà sempre nei primi tre posti. He had a dream: la Football League. Sfiga, l’unione tra le due leghe è a undici anni dall’essere realizzata, anche se Chapman propose già allora il sistema che poi verrà utilizzato dal 1920 in poi. Nel 1912 lo chiama il Leeds City, natio Yorkshire, ma soprattutto Second Division della Football League. Goodbye Northampton.
A Leeds non riuscirà mai a conquistare la promozione, che frettolosamente promise, anche se i risultati furono comunque ottimi – prese in mano una squadra che fronteggiava una rielezione in FL e la portò a pochi punti dalla prima divisione. Poi scoppiò la guerra, e Chapman decise di aiutare il suo Paese dirigendo una fabbrica di munizioni. Ecco, pensando che andrà a rendere grandi i Gunners la cosa può anche far sorridere, ma qui siamo sempre nell’ambito destino che si diverte. Tornerà a Leeds a fine ostilità ma si dimetterà improvvisamente. Motivazioni? Nessuna, apparentemente. Poco tempo dopo però scoppiò uno scandalo finanziario che coinvolse il club, il cui rifiuto di aprire i registri fiscali alle autorità venne considerata come prova di colpevolezza. Squalificati a vita in cinque, tra cui Chapman. Herbert dopo le dimissioni era andato a Selby, ovviamente Yorkshire, a lavorare in un’industria di carbone, e quando la squalifica lo colpì era già lontano dal calcio e in testa l’idea che i campi non li avrebbe più rivisti maturò in quel momento. Tra le altre cose, poco tempo dopo perse anche il lavoro a Selby, visto che la compagnia venne ceduta e a lui dissero grazie e arrivederci.
A salvarlo arrivò però Ambrose Langley, manager dell’Huddersfield Town ed amico di uno dei – tanti, dieci – fratelli di Chapman che gli offrì un posto da assistente allenatore e soprattutto l’appoggio del club nel ricorso contro la squalifica, ricorso che vincerà. Il destino gli sorrise e un mese dopo, quando Langley dovette essere sostituito, Chapman venne nominato manager. Tatticamente riprese le idee di Northampton, aggiungiamo però un aspetto non ancora trattato: la scelta accurata dei giocatori sul mercato, giocatori che potessero essere adatti al suo sistema (con la s minuscola, quello con la S arriverà…). Creò dal nulla uno scouting, con osservatori che gironzolavano per i campi d’Albione a preparare resoconti da sottoporre all’attenzione del manager, e segnatevi anche questa alla voce “idee geniali”. Terzo posto alla prima stagione ma con una FA Cup in saccoccia, poi due titoli in back-to-back. Difesa e contropiede, tre trofei vinti con i Terriers, e basterebbe già per consegnarlo alla storia. Che poi l’Huddersfield vincerà anche il terzo campionato di fila, ma ormai Chapman aveva spedito le sue labbra indirizzo nuovo, più a sud.
L’Arsenal nel 1925 cercava un manager. I soldi c’erano e non erano un problema per Sir Henry Norris, lo stadio era appena sorto in quel di Highbury, quel che mancava erano i trofei, l’argenteria, quella che fa ricordare il tuo nome ai posteri. Il club mise un annuncio di lavoro sull’Athletic News: cercasi manager, astenersi perditempo, please (altri tempi, ma altri per davvero. Immaginatevi oggi un Zamparini qualunque…). Chapman, che era legato al natio Yorkshire e tutto quello che volete ma a cui l’idea di vivere e lavorare a Londra schifo non faceva visto che arrivava insieme a 2.000 sterline annue, rispose. Treno direzione Islington e firma sul contratto: era ufficialmente un Gunner. Diventerà THE Gunner.
Piccola parentesi, ma fondamentale. Nel Giugno del 1925 venne modificata dalla IFAB la regola del fuorigioco, portando da tre a due (portiere compreso) i giocatori necessari tra l’attaccante e la porta affinchè questo fosse in gioco: questo per favorire lo spettacolo e aumentare il numero di goal. Vince chi sa adattarsi, dicono. Chapman (con il contributo del suo nuovo capitano, Charlie Buchan) capì che senza un adattamento difensivo la squadra sarebbe stata sepolta dai goal – e in effetti ne buscarono 7 dal Newcastle. Oh, all’epoca vigeva il mitologico 2-3-5, ricordiamolo. Cosa fece in concreto Chapman? Abbassò il centrale di centrocampo sulla linea dei difensori, togliendogli i compiti di regia e allargando i due difensori originali; contestualmente portò due dei cinque attaccanti sulla linea della trequarti diremmo oggi, comunque, davanti ai due mediani rimasti. Nasceva il WM, il Sistema, il Metodo, chiamatelo come preferite. Fu l’ennesima trovata geniale di Herbert Chapman, quella che lo consegnò alla storia del calcio.
Chapman lo rese vincente anche perchè applicò questa nuova concezione al suo stile di difesa e contropiede. Due massime: 1) puoi attaccare quanto vuoi, ma non vuol dire che segnerai. L’occasione migliore per segnare è quando recuperi palla in difesa, perchè la squadra avversaria è sbilanciata e la puoi sorprendere; 2) ogni squadra che entra sul terreno di gioco ha un punto garantito; se non subisco goal, mal che vada mi prendo un punto. Geniale e veramente rivoluzionario, questo sì. Va detto che la fortuna del WM dipendeva in larga parte dalla qualità dei giocatori, perchè sostanzialmente con i due difensori larghi a marcare le ali avversarie e il centrale a uomo sul centravanti la chiave divennero i duelli individuali. Non a caso l’Arsenal di Chapman impiegherà cinque stagioni per vincere il primo trofeo, la FA Cup del 1930 (contro l’Huddersfield Town, e sempre il destino che si diverte…), dopo numerosi lifting di mercato effettuati. Ecco, però non si fermerà più, nemmeno dopo l’improvvisa morte del manager, nel 1934, a seguito di complicazioni per una polmonite. Chapman, convalescente da un brutto raffreddore, non volle perdersi un match della squadra riserve dell’Arsenal, solo che il freddo di Gennaio gli fu fatale. E’ sepolto a Hendon, dove risiedeva.
Questo il profilo di Chapman, ciò che lo rende una leggenda del gioco. Tattiche innovative, scouting, addirittura la preparazione fisica affidata a specialisti, i numeri sulle maglie, l’intuizione di una competizione europea per club vent’anni prima che questa nascesse, l’essere stato il primo manager professionista della Nazionale (sebbene solo per un tour Europeo). Tutto molto bello e visionario per certi aspetti, e che influenzerà club in Inghilterra e in Europa. Però è the man who made Arsenal, e questo non può essere dovuto solo alle tattiche. Certo, i trofei: quelli aiutano, visto che prima di lui non si era vinto nulla e si tende a ricordare chi vince, non chi perde. Ma lo spirito soprattutto. Fece rinominare la stazione della metro di Gillespie Road in Arsenal, perchè “chi ha mai sentito parlare di Gillespie Road? Qui intorno è tutto Arsenal!”. Un giorno si alzò e decise che la maglia rossa era troppo banale: Liverpool, Forest…via l’all-red: fece aggiungere le maniche bianche, che ancora oggi sono l’Arsenal . Ma soprattutto si presentò così: “I am going to make this the greatest club in the world”. Herbert Chapman, l’ingegnere che rivoluzionò il calcio. Ora siede nel Pantheon di questo gioco che ci fa impazzire, insieme a pochi eletti; ma la sua casa rimarrà sempre e solo una.